Burresi: «La sanità toscana cambia rotta. Poggibonsi accetti la sfida del cambiamento»

Pietro Burresi di ''Idee'': «Poggibonsi deve costruire una sua proposta di riorganizzazione ospedaliera, coerente col quadro della riforma regionale ma efficace nel mantenere i livelli di protezione della comunità finora garantiti e percepiti. Un processo dal basso, che deve vedere protagonista in primis l'amministrazione comunale»

 
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«Poggibonsi deve costruire una sua proposta di riorganizzazione ospedaliera - afferma Pietro Burresi, presidente dell'associazione "Idee" - coerente col quadro della riforma regionale ma efficace nel mantenere i livelli di protezione della comunità finora garantiti e percepiti. Un processo dal basso, che deve vedere protagonista in primis l'amministrazione comunale, alla quale chiedere un salto di qualità rispetto a tutte quelle amministrazioni strenuamente arroccate nella difesa dell'intangibilità dell'esistente, salvo poi accogliere le scelte fatte a Firenze. Un processo dirimente per valutarne l'affidabilità rispetto ai reali bisogni della comunità amministrata. Una sfida da cui l'amministrazione Coccheri non può tirarsi indietro».

«Con il varo della legge 81 di fine dicembre 2012, e con la successiva delibera di Giunta 1235 del 28 dicembre scorso - continua Burresi - la Regione ha delineato una profonda riforma che cambierà, nella sostanza, il modello della sanità toscana così come fino ad oggi lo abbiamo conosciuto. La forte contrazione, non invertibile nel breve periodo, delle risorse economiche disponibili e l'aumento della domanda di salute da parte dei cittadini sono le cause di un cambiamento ineludibile». Questo è quanto è emerso a San Lucchese, con il presidente della commissione sanità della Regione, Marco Remaschi in un confronto franco e aperto, che ha chiarito aspetti solo vagamente accennati anche da eventi istituzionali che nel nostro territorio hanno avuto la sanità per protagonista negli ultimi tempi. E che ha consentito di focalizzare il cuore di una riforma, che accelera sulla deospedalizzazione della cura in favore di una risposta territoriale che, per buona parte, è ancora tutta da realizzare. Incontestabile la logica economica a presidio di un simile ragionamento. «A parità di efficacia delle risposte alla domanda di salute - dice Burresi - il sistema ha il dovere di perseguire quella economicamente sostenibile (è indubbio infatti che la perpetuazione dell'attuale modello sia sotto tale profilo insostenibile). Ma occorre che la valutazione sia fatta su risposte contestualmente pienamente disponibili. Contestualmente e pienamente, appunto. C'è il rischio che così non sia, che la riduzione dei tempi di degenza ospedaliera (più che il taglio dei duemila posti letto, conseguenza per la Toscana del decreto Balduzzi) immetta su un territorio impreparato pazienti spedalizzati solo per la fase acuta. Con un carico esplosivo su famiglie e medici di base. E il rischio di recidive che annullano l'appropriatezza del ricovero ospedaliero. La risposta non può essere nelle sole Case della salute, oggetto di contrattazione con i medici di medicina generale, ma in una rete di strutture a bassa intensità di cura che garantiscano condizioni di assistenza idonee. Strutture verso cui possono orientarsi gli stessi presidi ospedalieri (o meglio, parti di essi) oggetto dell'inevitabile, ancorché sottaciuta, riorganizzazione».

«L'incidenza dell'assistenza ospedaliera sui 6,4 miliardi di costo annuo della sanità toscana è rilevante - conclude il presidente di "Idee" - Strutturalmente. Impossibile pensare, perciò, che questa - a cominciare dalla sua articolazione nel territorio - non possa essere rivista. Lo è stato con la razionalizzazione della rete fatta nei primi anni novanta. Lo sarà ora. Nella condivisione degli obiettivi, le realtà locali, con le istituzioni in testa, debbono farsi attori di questo processo, non passivi recettori di modelli organizzativi definiti altrove».

Pubblicato il 1 febbraio 2013

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