Il Cammino di Santiago visto dagli occhi di un colligiano

Camminare è la prima cosa che facciamo dopo esserci svegliati. Un piede davanti all'altro, un movimento semplice a cui non pensiamo neppure. Spesso siamo troppo concentrati sulla meta del nostro andare, ma è proprio la strada che stiamo facendo la parte interessante.

 ANDREA GRASSINI
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Se poi ti trovi a fare il Cammino di Santiago, un movimento così semplice diventa una delle cose più importanti e necessarie della giornata. Partito da solo dall'Italia, il mio cammino è iniziato a Leon, una scelta dettata dai pochi giorni di ferie a disposizione e da una certa sicurezza di arrivare alla fine. Ma, una volta concluso il mio viaggio, ho realizzato che se un giorno avrò l'occasione di farlo un'altra volta, lo farò tutto e senza limiti di tempo. 

Perché il Cammino di Santiago
Sono partito da casa senza motivi particolari che mi spingessero a farlo. Di sicuro mi auguravo di riuscire a capire qualcosa di me che magari ancora non conoscevo e non volevo sapere troppo su cosa avrei trovato. Non volevo sapere le esperienze e le sensazioni di altri che c'erano stati, certo che poi avrebbero finito per condizionarmi. Ho scelto di ricevere solo alcuni consigli di sopravvivenza in merito a scarpe (quelle da running si sono rivelate le migliori), calzini tecnici, lo zaino e il suo peso (ben presto ti accorgi che ciò che non serve pesa), vestiario (poco e a strati), dove e come dormire. Il resto l'ho voluto scoprire lungo il cammino. 

Nessuna guida a indicarmi la strada, per quella bastano già le frecce gialle dipinte ovunque che ti accompagnano ad ogni incrocio, che nei lunghi rettilinei ti incoraggiano a continuare. Nessuna indicazione sulle distanze, solo la fatica e i dolori mi hanno detto quando era il momento di fermarmi e riposare. La casualità è una delle prime cose che apprezzi del viaggio; da essa dipendono gli incontri che fai, le persone con cui parti il primo giorno, quelle con cui cammini nei giorni successivi o ti fermi a mangiare qualcosa. Come tante tessere di un domino, quello che ti capita si aggiunge perfettamente davanti a te. Pensi alle persone che hai incontrato lungo il percorso e ti chiedi cosa sarebbe successo se la casualità non te le avesse fatte incontrare. Ti domandi chi altro avresti trovato e come sarebbe cambiato il tuo andare, ma dopotutto c'è qualcosa di più logico e scontato della casualità? Alla fine si è rivelato tutto perfetto. 

Gli incontri
Lungo il Cammino di Santiago incontri persone che provengono da ogni parte del mondo e che hanno la tua stessa andatura; è bello condividere con loro parte dei passi e dei pensieri. Altri ti superano, altri sono superati, ma per tutti anche un saluto è importante, è una spinta, un'energia che si trasmette da persona a persona. E' bellissimo imbattersi nelle persone che abitano i paesi che attraversi, lasciare che ti augurino buon giorno e buon cammino (ho in mente la scena di un signore che, tramite il citofono di casa, augurava incessantemente la buona giornata ai pellegrini che passavano davanti casa sua). 

Ho trovato persone che stavano facendo il cammino per i motivi più vari: la perdita di un figlio, il voto per un amico che non c'è più, una crisi interiore, l'aver sconfitto una malattia, la religione, eccetera. Con tutte loro sono riuscito ad instaurare qualcosa di unico, a condividere con semplicità i miei sentimenti, ad allacciare rapporti che sarebbero impossibili in una normale vita intera. Credo che questo accada proprio perché il Cammino di Santiago apre agli altri, alla condivisione delle idee e di quello che si ha dentro. Nessuno appare più debole di un altro, nonostante tutti abbiano le proprie debolezze, nessuno sente di prevaricare sull'altro. C'è solo un profondo rispetto, una sincera voglia di riuscire a trasmettere qualcosa alla persona che si è aperta con te e ricambiarne il sostegno (come il bastone a cui appoggiarsi nelle parti più difficili del percorso). 

I Paesaggi
Tuttavia ci sono momenti in cui senti il bisogno di stare isolato dagli altri. Sono i momenti di più intima riflessione, che possono capitare sei più distante dalle persone che camminano con te, quando stai affrontando delle salite faticose, quando ti accompagna il fastidio di un dolore fisico (nel mio caso una tendinite anteriore a una gamba). E' in quei momenti che riesci a vedere i tuoi pensieri e le tue paure, pesi le tue forze e le tue debolezze, hai un tempo quasi immenso per riflettere. Mi è capitato di pensare alle persone che non ci sono più, ai rapporti con gli altri, a chi dei miei amici avrei voluto accanto, a una ragazza che non ho, a una riclassificazione dei valori e delle priorità, alla vita frenetica e alle scelte che non sempre sono state mie. In queste occasioni ho sentito il bisogno di fermarmi, senza nessuno intorno. Allora ho mollato lo zaino e mi sono messo ad ammirare i monti intorno a me, a guardare quanta strada sono riuscito a fare in un tempo così relativo. In queste occasioni ho pianto lacrime liberatorie, non amare, un'esigenza impellente che non sono riuscito e non ho voluto controllare. 

I paesaggi rurali alternati a città molto ben curate, i menù del pellegrino, gli albergue comunali/parrocchiali/privati, la conchiglia sullo zaino, le sveglie all'alba e le albe per strada, la Credenziale e il Sello (una specie di carta del pellegrino dove viene posto il Sello, per l'appunto, a testimonianza del passaggio negli ostelli, bar, trattorie e quant'altro), prendere alla fine la Compostela, arrivare dopo a Finisterre (purtroppo in bus per mancanza di tempo) rappresentano la parte a contorno del Cammino, inscindibile dalla parte più profonda e spirituale (o religiosa per altri). 

L'arrivo
Arrivare a Santiago dopo 11 giorni, più di 320 km e gli "gnamo a fa' du passi...tanto se n'è fatti pochi" che a fine giornata suscitavano nei miei compagni grande ilarità (non so se perché detti in toscano o perché era tragicomico fare davvero 2 passi in più), è stato una gioia immensa. 

Negli ultimi chilometri (dopo averne fatti circa 30 al giorno) le gambe ormai vanno da sé, ti senti attratto verso il centro della città e realizzi che qualcosa si sta per compiere. La fatica è ormai sparita, un vago senso di gioia ti pervade. Scendere gli scalini, svoltare a sinistra e ritrovarsi nella piazza davanti alla cattedrale è un'emozione indescrivibile. Tutto in quel momento si scioglie, i motivi per cui le persone hanno fatto il loro viaggio, lì sembrano quasi prendere forma nell'abbraccio e nel pianto di 2 persone, nei canti dei Boyscout, nell'arrivo incessante di pellegrini e nelle loro facce sorridenti, nelle preghiere di chi crede, nel tuo essere sdraiato ed osservare questo rito che si sta compiendo senza che nessuno ti abbia detto come farlo, ognuno lo fa a suo modo. E ognuno a suo modo saluta i propri compagni di viaggio, da buoni italiani e spagnoli una ottima cena è stato quello che di più giusto poteva essere fatto, con la promessa di trovarsi ancora, in quanto Santiago non rappresenta il fine ma solo una metà e un inizio.

A tutti i miei compagni di viaggio che ho incontrato sul cammino.

Andrea Grassini

Pubblicato il 26 agosto 2015

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