Intervista a Simone Guercini, professore ordinario con ancora tanta voglia di imparare
«A volte penso che se in certi momenti avessi osato di più, fidandomi delle mie possibilità, avrei potuto raggiungere traguardi più ambiziosi anche se dal 30 gennaio del 2005 sono Professore Ordinario presso l'Università di Firenze. Il rischio di una carriera troppo veloce come la mia è quello di adagiarsi o di voler cambiare mestiere ma io, al contrario, guardo al futuro con la stessa passione dei primi anni perché il lavoro che faccio è quello che mi piace»
L'appuntamento è alla Casa della Cultura Alda Merini a Barberino Val d'Elsa. Dopo aver letto il suo curriculum mi aspetto di incontrare un signore in età avanzata, forse vicino a quel traguardo da molti tanto sospirato, ma quando varca la porta d'ingresso devo ricredermi. Simone Guercini, poggibonsese da generazioni e fiorentino d’adozione, professore ordinario presso la Scuola di Economia e Management dell’Università degli Studi di Firenze, oltre che membro del Nucleo di Valutazione dell’ateneo fiorentino, ha l'aspetto di un uomo maturo che si pone con i toni della più disarmante semplicità, quasi con imbarazzo nel raccontare la sua brillante carriera accademica.
Professore quando è cominciato il suo percorso professionale?
«Mi sono laureato in Economia e Commercio nel 1993 all'Università degli Studi di Firenze e ho conseguito più tardi il dottorato di ricerca in Economia presso la Scuola Sant'Anna di Pisa. Ho avuto incontri importanti per la mia esperienza professionale e umana, primo fra tutti con Aldo Burresi, poi con Massimo Paoli e Riccardo Varaldo. Nell'agosto del 1995 ho avuto un colloquio in Inghilterra con Keith Pavitt, una delle figure più importanti a livello mondiale nel campo dell'economia dell'innovazione. E' stato grazie a quell'incontro fortunato che ho perfezionato i miei studi, sulla Internazionalizzazione delle attività di ricerca e sviluppo delle Imprese, presso l'Università del Sussex.
Tornato in Italia ho vinto un posto da Ricercatore presso l'Ateneo di Firenze, dopo aver partecipato a vari concorsi. Una delle ricerche importanti a cui ho lavorato è quella sull'Imprenditoria Cinese nel Distretto Industriale di Prato, i cui risultati sono stati pubblicati nel 2002 in un libro al quale hanno collaborato anche un economista industriale e un'antropologa. Poi, dal 2003 al 2006, ho collaborato con la Stockholm Business School e la Manchester Metropolitan University sui nuovi modelli di business, sul sistema di innovazione continua del Fast Fashion, una strategia di produzione rapida a prezzi accessibili che si è manifestata alla fine degli anni '90 e ancora oggi padroneggia i mercati.
Dal 2011 al 2016 sono stato Visiting Researcher presso il Max Planck Institute di Berlino per svolgere ricerca di base sui temi della conoscenza e dei comportamenti adattivi dei decisori».
In quali settori applica prevalentemente la sua ricerca?
«Ho approfondito le mie ricerche nel campo della moda e del tessile, anche se non ho trascurato i settori farmaceutico, elettronico e meccanico. Ho avuto dei rapporti anche con importanti riviste di moda, intercalando seminari, progetti, pubblicazioni, articoli e viaggi all'estero».
In quali Paesi si reca più spesso?
«Ogni anno passo tre settimane a Madrid come Visit Professor presso L'Universidad de Navarra, ma tengo corsi Master di Fashion Management anche presso la Grenoble Graduate School of Management nelle sedi di Parigi e Londra. Insegnando Marketing Internazionale e Marketing Strategico e Comunicazione mi capita molto spesso di essere invitato all'estero anche come valutatore di tesi di master e di dottorato in sedi universitarie come è accaduto nel Regno Unito, in India, in Spagna o in Francia, o più spesso, per partecipare a convegni. Pensi che ho in programma, per i prossimi mesi, convegni a Tokio, a Tallin, a La Rochelle, a Marsiglia, negli Stati Uniti oltre ad altri impegni ancora da confermare».
Guardando a questi venti anni di carriera bruciante quali sensazioni prova?
«A volte penso che se in certi momenti avessi osato di più, fidandomi delle mie possibilità, avrei potuto raggiungere traguardi più ambiziosi anche se dal 30 gennaio del 2005 sono Professore Ordinario presso l'Università di Firenze. Il rischio di una carriera troppo veloce come la mia è quello di adagiarsi o di voler cambiare mestiere ma io, al contrario, guardo al futuro con la stessa passione dei primi anni perché il lavoro che faccio è quello che mi piace».
Ha qualche rammarico guardando alla sua vita professionale?
«Forse il dover ammettere che investire tutte le proprie energie sul lavoro e sulla carriera lascia poco spazio alla vita privata, bisogna accontentarsi dei ritagli di tempo fra un impegno e l'altro, ma nella vita ognuno fa le sue scelte e deve essere consapevole di cosa ogni scelta comporti. Spero di recuperare almeno in parte il tempo perduto dando più spazio in futuro agli affetti e alla sfera personale, anche se ad essere sincero ho ancora voglia di spendermi molto per i miei temi di ricerca e per la vita accademica».
Antonella Lomonaco
Pubblicato il 11 aprile 2018