Penny Wirton come la Barbiana di Don Milani. Intervista a Eraldo Affinati

«L'insegnamento che si riceve dall'insegnare è molto importante - dice Affinati -. Perché quando i ragazzi ti danno un fiore, una caramella, o una mela, come è capitato l'altro giorno tra un ragazzo afghano e una mia volontaria (in segno di gratitudine perché non aveva altro), lei si è quasi commossa. Ha capito la verità di questo rapporto, che è molto difficile realizzare in una scuola tradizionale»

 
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Sabato 2 aprile 2016. La Sala Set del Politeama di Poggibonsi è letteralmente piena di persone di ogni età, tanto che non ci sono più posti a sedere e bisogna correre a prendere nuove sedie dalla stanza adiacente. Studenti e insegnanti, giovani e adulti, sono in attesa che Eraldo Affinati arrivi a presentare il suo libro. Si chiama “L'uomo del futuro. Sulle strade di Don Milani” (Mondadori), l'ultima fatica dell'insegnante e autore romano che è candidato al Premio Strega.

Il suo libro ripercorre il cammino di Lorenzo, da quando era un “Pierino”, uno che aveva tutto nell'enorme villa padronale di Montespertoli, uno che si dilettava nella pittura, fino alla decisione di prendere i voti, di fondare la scuola di San Donato, di dedicarsi ai ragazzi di Barbiana.

L'iniziativa, organizzata dall'associazione La Scintilla e patrocinata dal Comune di Poggibonsi, assume da subito le sembianze di una lezione. Non di quelle noiose in cui il professore trascrive alla lavagna i punti salienti del libro di testo, più preoccupato di dimostrare di aver fatto i compiti a casa che di educare chi ha di fronte (ne abbiamo viste tutti). Non di quelle fini a se stesse, che si dimenticano al suono della campanella.

L'incontro di ieri è stata una di quelle lezioni che trascendono l'argomento trattato. Eraldo Affinati, sempre in piedi e mai in cattedra, ha parlato di Don Milani, certo, e di istruzione, ma anche di futuro, di differenze, del misticismo che muove certe scelte. Ha parlato della Penny Wirton, la scuola gratuita di italiano rivolta a giovani e adulti stranieri, fondata da lui e la moglie Anna Luce Lenzi a Roma. Anche qui, da circa un anno, esiste la Penny Wirton Valdelsa, un progetto sociale che ha coinvolto le comunità di Poggibonsi e di Colle di Val d'Elsa e che conta già numerosi partecipanti. Ieri, proprio appena prima dell'evento, è stata inaugurata la nuova sede poggibonsese al Medialab del Politeama.

«Don Milani - mi dice Affinati dopo la presentazione -, prima ancora di averlo letto, l'ho sentito nella mia attività d'insegnante coi ragazzi. Spesso ho insegnato a ragazzi difficili, che magari sono stati bocciati, respinti dalla scuola. È un rapporto che ho sentito in classe, in aula, prima ancora che sui libri. Nel momento in cui ho letto i libri ho sentito la necessità di andare nei luoghi e, non soltanto nei suoi, ma nei luoghi dei Don Milani di oggi».

A Hiroshima, a Pechino, in Africa, nella periferia di Roma. Sono tanti i luoghi del mondo in cui Don Milani, a cinquant'anni di distanza dalla morte, ha lasciato la sua eredità spirituale. Ma anche la lingua può essere un luogo di incontro per chi è straniero ed è costretto quasi a subire parole che non sente sue.

«Il nesso è forte - spiega - perché il problema di Don Milani era insegnare la lingua ai ragazzi del Mugello. Noi della Penny Wirton insegniamo la lingua italiana ai ragazzi immigrati. Il tema è sempre lo stesso. Imparare una lingua non significa soltanto imparare a leggere e a scrivere, ma significa imparare a pensare, perché la lingua è la casa del pensiero. Quindi, in fondo, se tu non hai una lingua ben strutturata, tutte le esperienze che fai rischiano di essere “sbriciolate”. Ecco perché Don Lorenzo è attuale oggi: la lingua italiana è l'unico modo per favorire una vera integrazione, che non sia soltanto sociale e politica, ma che sia esistenziale, profonda».

Un'esperienza, quella della Penny Wirton, che non arricchisce chi usufruisce del servizio ma anche chi lo garantisce tutte le settimane. «L'insegnamento che si riceve dall'insegnare è molto importante - continua Affinati -. Perché quando i ragazzi ti danno un fiore, una caramella, o una mela, come è capitato l'altro giorno tra un ragazzo afghano e una mia volontaria (in segno di gratitudine perché non aveva altro), lei si è quasi commossa. Ha capito la verità di questo rapporto, che è molto difficile realizzare in una scuola tradizionale. I ragazzi che vengono da noi sanno che i volontari insegnano loro la lingua gratis, quindi apprezzano questa motivazione. Il volontario ricava tantissimo, supera il pregiudizio, supera gli stereotipi e guarda le persone, acquistando una sicurezza che prima non aveva. Quindi, diciamo che la Penny Wirton è utile agli immigrati ma è quasi più utile per noi».

Il diario di viaggio de “L'uomo del futuro” si conclude con la ricerca degli spazi per la Penny Wirton a Roma. «Adesso abbiamo trovato questa preside che ci ha molto aiutato - dice -. Però siamo ancora alla ricerca di uno spazio fisso a Roma in cui non siamo ospiti, ma che possiamo gestire. Finora le istituzioni non mi hanno aiutato, ma spero di riuscirci. Prima o poi la troverò una “Casa della Penny Wirton” e anche in questo senso il Premio Strega potrebbe essere utile».

«Vorrei utilizzare questa vetrina mediatica che il Premio Strega offre – conclude l'autore - per far passare, intanto, l'idea di un Don Milani finalmente libero dal pregiudizio politico in cui è stato spesso costretto e anche per parlare della Penny Wirton. Ho superato tutte le perplessità che avevo all'inizio quando mi proposero questa candidatura, poi ho pensato che è un modo per far passare l'idea di un'altra Italia e di un'altra scuola».

Mentre scrivo e trascrivo queste righe mi rendo conto che la parola “insegnare” non ha sinonimi. Ammaestrare. Educare. Istruire. Formare. Addestrare. Hanno connotazioni e sfumature diverse. Mi viene in mente che, al contrario, ci sono tanti modi per poter dire di aver imparato qualcosa. Imparare, appunto, conoscere, apprendere, acquisire. Mi viene da pensare che la nostra lingua conosca tanti modi per imparare, ma che sia soltanto una la via per insegnare.

Alessandra Angioletti

Pubblicato il 3 aprile 2016

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