Rossa, di qualità, chiantigiana. Barberino a tutela della carne fresca

Chi dice che la bistecca fa male? Se il Chianti, secondo un recente studio medico-scientifico, è una delle terre più longeve al mondo, lo deve in gran parte alla semplicità e all'alta qualità della sua produzione agroalimentare. La carne rossa, fresca e di qualità, non va demonizzata come è accaduto con l'uscita dello studio curato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, ma consumata con gusto e moderazione. Guerra al colesterolo e ai grassi saturi sì, ma solo quando nella dieta viene a mancare il concetto di equilibrio che è poi il principio da perseguire per garantire al nostro organismo efficienza e salute

 
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Chi dice che la bistecca fa male? Se il Chianti, secondo un recente studio medico-scientifico, è una delle terre più longeve al mondo, lo deve in gran parte alla semplicità e all'alta qualità della sua produzione agroalimentare. La carne rossa, fresca e di qualità, non va demonizzata come è accaduto con l'uscita dello studio curato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, ma consumata con gusto e moderazione. Guerra al colesterolo e ai grassi saturi sì, ma solo quando nella dieta viene a mancare il concetto di equilibrio che è poi il principio da perseguire per garantire al nostro organismo efficienza e salute.

Qualità della produzione e dieta salutare ed equilibrata. E' doppia la linea sulla quale si incontrano e fanno convergere le rispettive posizioni gli amministratori comunali, i macellai del Chianti e alcuni medici del territorio. Lo dicono dai loro banchi i maestri della ciccia, lo affermano sul piano scientifico gli esperti e su quello istituzionale i sindaci. «La carne, nella fattispecie chiantigiana, produzione tipica di alta qualità, simbolo di una tradizione lontana che guarda alla semplicità - commentano i macellai di San Casciano, Tavarnelle e Greve Stefano Secci, Morando Morandi e Lorenzo Bencistà Falorni - esprime genuinità e mette in campo di generazioni in generazione competenze specifiche nel settore agroalimentare, non può essere messa sotto processo come ha fatto l'Oms, ma valorizzata e tutelata attraverso la diffusione di informazioni corrette». Il rapporto dell'Oms ha stabilito che il consumo di carne lavorata o meno, cioè affettati, wurstel e bacon, aumenta il rischio di contrarre il tumore al colon. «Noi diciamo al contrario - proseguono - che ciò che conta ed è importante trasmettere ai consumatori è la qualità, la freschezza della carne e il rispetto della quantità, l'attenzione a non eccedere nel fabbisogno proteico che non deve mancare nella dieta di ognuno».

Altro aspetto importante il binomio qualità-prezzo. Si può spendere nella giusta misura e mangiare benissimo - di questi tempi musica per le nostre orecchie - anche quando l'acquisto del prodotto si compie davanti al banco di un macellaio. E' una questione di scelte alimentari, di consumo consapevole, di conoscenza del valore della gastronomia e delle tradizioni locali, di uso corretto dei tempi e delle modalità di cottura. Sapere ad esempio che il bovino adulto può essere consumato e degustato interamente, compreso il suo "quarto anteriore" e non solo utilizzando i tagli che per consuetudine siamo abituati ad acquistare e presentare in tavola, aiuta a vivere meglio. Aiuta a rispettare e salvaguardare l'ambiente, fa bene alle tasche delle famiglie, mantiene alto il livello della qualità della vita. Insomma la carne rossa del Chianti è buona, nutriente, sicura e versatile in padella.

Riscoprire la bontà, recuperare l'onore e ad esaltare i pregi di carni, un tempo immancabili sui banchetti delle nobili famiglie. La task force, composta da macellai, amministratori comunali ed esperti, medici e nutrizionisti, unisce le forze per valorizzare e promuovere la dignità della carne rossa.

La qualità in campo alimentare non è uno sfizio da gourmet ma è autenticamente salute. Ad affermarlo è il cardiologo Roberto Comi. «Più qualità, meno quantità quando si parla di alimentazione e in modo particolare per le carni rosse e gli insaccati, - dice - non ci sono segreti o rivelazioni, lo stile di vita è quello equilibrato: deve ricomparire l'attività fisica regolare, oggi sovente accantonata, e a tavola l'equilibrio; il piccolo produttore che dà garanzie sul corretto allevamento di animali rispettoso della loro fisiologia assicura un prodotto sano».

«Questa iniziativa - dichiarano i sindaci Massimiliano Pescini (San Casciano) e David Baroncelli (Tavarnelle) e gli assessori Cristina Pratesi (Barberino Val d'Elsa), Gionni Pruneti (Greve) e Roberto Ciappi (San Casciano) - nasce non solo dall'esigenza di esprimere un'opinione diversa da quella dell'Oms nel nome della qualità del prodotto, ma si pone l'obiettivo di salvaguardare le diversità e opporre una precisa forma di resistenza gastronomica ai mercati globalizzati che mettono in crisi le nostre produzioni agricole: siamo consapevoli infatti che il rischio di perdere le tipicità agro-alimentari, che sono poi le fondamenta delle eccellenze gastronomiche della tradizione culinaria, è alto; sono le produzioni industrializzate omologate che generano smarrimento delle diversità e delle identità culturali e di stili di vita. A questa progressiva trasformazione che investe la vita di ciascuno di noi, non di rado condizionandola, la cultura chiantigiana risponde con la riscoperta di gusti e bontà delle tradizioni alimentari locali».

Mary Mattiaccio - Alma Mater Studiorum - Università di Bologna Dipartimento Scienze Mediche Veterinarie

«A oggi i tentativi di trovare e dimostrare quale sia il meccanismo biologico che legherebbe l'assunzione di carne e il cancro al colon non hanno ancora dato risultati con vincenti (Ferguson L.R. Meat and cancer. Meat Sci. 2010 Feb;84(2):308-13). A riprova del fatto che sia improbabile che l'eliminazione della sola carne dalla dieta possa far diminuire l'incidenza del cancro al colon, uno studio epidemiologico condotto in Giappone dal 1992 al 2000, su circa 14.000 uomini e 16.000 donne, non ha rilevato alcun aumento di rischio di tumore al colon in seguito al consumo di carne cosiddetta "rossa". Queste conclusioni sono state recentemente ampiamente confermate da un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista American Journal of Clinical Nutrition, riprendendo i risultato di 6 grandi studi epidemiologici condotti complessivamente su 1,5 milioni di persone attraverso la meta-analisi dei risultati e del follow up (periodo successivo allo studio), ha rilevato che le evidenze epidemiologiche disponi bili non sembrano supportare un'associazione tra assunzione di grassi e proteine animali e cancro al colon».

Pubblicato il 25 novembre 2015

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