Addormentato per ricevere le terapie. Team multidisciplinare cura un giovane autistico

I genitori: “Grazie, mai riscontrata tanta vicinanza umana”. Anestesisti, psichiatri insieme agli infermieri decidono per la presenza di un familiare in terapia intensiva per il risveglio del giovane

 AUTISMO
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"Vi ringraziamo infinitamente non abbiamo mai riscontrato tanta professionalità e vicinanza umana in tanti lunghi anni di vari avvicendamenti nelle strutture”. Sono queste le parole pronunciate dai genitori di un diciottenne affetto da autismo lasciando il reparto psichiatrico di diagnosi e cura del San Jacopo. “Desideriamo rendere noto il percorso clinico assistenziale che è stato predisposto per nostro figlio anche in occasione perchè della Giornata della Consapevolezza dell’Autismo di questi giorni, e vogliamo far sapere che l’ospedale di Pistoia si è dimostrato una struttura adeguata a trattare questo disturbo".

Il percorso assistenziale lo riferisce la dottoressa Claudia Bolognese, responsabile del reparto psichiatrico: “il giovane paziente affetto da disturbo pervasivo dello sviluppo di tipo autistico con ritardo globale nell'area cognitiva associato a malattia metabolica rara era arrivato nel nostro pronto soccorso presentando un grave quadro di agitazione psicomotoria con comportamenti autolesionistici ed insonnia totale e nonostante l’età si decide di ricoveralo nel reparto pediatrico diretto dal dottor Rino Agostiniani, anche per assicurare  la presenza costante di un genitore. La presenza della malattia metabolica controindicava l'utilizzo di più psicofarmaci e nei successivi giorni il giovane sviluppava febbre, alterazione degli esami e della funzione cardiaca con rischio di insufficienza renale”. 

Viene dunque realizzato un apposito team multidisciplinare che coinvolge oltre agli psichiatri e al pediatra anche i colleghi della medicina interna e l’equipe di anestesia e rianimazione diretta dal dottor Leandro Barontini.

"L’esperienza ci ha insegnato che solo la condivisione tra più specialisti può risolvere casi così difficili e delicati. I colleghi hanno dunque predisposto un percorso assistenziale personalizzato con l’obiettivo di ridurre le sofferenze del ragazzo e restituirlo al suo ambiente familiare nel più breve tempo possibile. Un percorso dove insieme alla patologia è stata presa in carico la persona. In pratica anche nel nostro Ospedale abbiamo messo in atto il programma indicato dalla Regione PASS (Percorsi Assistenziali per i Soggetti con bisogni Speciali) cercando di abbattere tutte quelle barriere, organizzative, fisiche e culturali, che sovente scoraggiano i familiari a rivolgessi alle strutture sanitarie. Per chi ha una disabilità diventa un problema anche fare un prelievo di sangue, una visita specialistica, un accertamento diagnostico e con questo caso specifico risolto noi vogliamo incoraggiare i genitori e i familiari a rivolgersi al nostro Ospedale quando sono in difficoltà perché troveranno professionisti capaci e disposti a prendersi cura anche delle persone più vulnerabili", aggiunge la dottoressa Lucilla Di Renzo, direttore del presidio ospedaliero.

Il team multi specialistico nel consulto allargato ha deciso con il dottor Barontini il trasferimento in rianimazione, dove il giovane paziente in condizione di sedazione anestesiologica e sotto monitoraggio intensivo ha permesso la costante verifica dei parametri e degli indici di funzionalità multiorgano: aspetti fondamentali per poter instaurare terapia psicofarmacologica. 

Anestesisti, psichiatri insieme agli infermieri decidono per la presenza di un familiare in terapia intensiva per il risveglio del giovane (sotto con il padre in terapia intensiva).

Racconta la dottoressa Bolognese: quel momento è per noi sanitari indimenticabile: abbiamo provato una grande commozione nel vedere quel padre che sussurrava il nome del figlio per risvegliarlo".

Una volta normalizzati gli esami e stabilizzate le condizioni cliniche il giovane è stato trasferito nel nostro reparto dove è rimasto ricoverato fino alla completa stabilizzazione. Tornato a casa ha recuperato uno stato di discreto benessere e cosa più importante con una remissione delle condotte autolesive. Prosegue terapia impostata durante la degenza in rianimazione  e le visite di monitoraggio con lo psichiatra di riferimento. 

"Per noi sanitari, medici e infermieri che abbiamo seguito il caso una soddisfazione ricevere la gratitudine dei familiari e aver restituito il ragazzo ai suoi affetti e a al suo ambiente. La famiglia ci ha scritto che oggi si sente 'meno sola' ” - conclude la dottoressa Bolognese.

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Pubblicato il 6 aprile 2021

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