Carcere di San Gimignano, lite tra detenuti sfocia in omicidio

Donato Capece, segretario generale del SAPPE, è netto nella denuncia: «I vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero della Giustizia hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali»

 
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E' successo il 9 settembre sera dopo le 19.00. Un violento litigio tra due detenuti rumeni ha fatto perdere la vita a uno dei due, ucciso con uno sgabello di legno.

Il Segretario Nazionale SAPPE della Toscana Pasquale Salemme spiega con una nota stampa l'accaduto: «C'è stato un violento litigio tra due detenuti rumeni (entrambi condannati per omicidio) della Sezione media sicurezza del carcere. Uno di loro, già conosciuto per il suo stato psicologico, ha impugnato uno sgabello di legno ed ha ammazzato l'altro recluso colpendolo ripetutamente nel capo. Forse il pretesto del furioso pestaggio tra i detenuti è tra i più futili, ossia l’incapacità di convivere – seppur tra le sbarre – con persone diverse. O forse le ragioni sono da ricercare in screzi di vita penitenziaria o in sgarbi avvenuti fuori dal carcere. Fatto sta che l’uno ha ammazzato l’altro».

Donato Capece, segretario generale del SAPPE, è netto nella denuncia: «Il fatto che il detenuto omicida fosse seguito dal un gruppo di osservazione multidisciplinare per i casi psichiatrici e di autolesionismo la dice lunga. Questi sono soggetti che non possono stare in un carcere normale ed è stato sbagliato chiudere gli OPG: bisognava riformali, indubbiamente, ma non chiuderli. Ma il problema è anche un altro. l sistema delle carceri non regge più, è farraginoso. I vertici dell’Amministrazione Penitenziaria e del Ministero della Giustizia hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali. E al Corpo di Polizia Penitenziaria servono almeno ottomila nuove unità per fronteggiare la costante emergenza carceri, che vede oggi in Italia il nuovo numero record di oltre 57mila 300 detenuti, con celle sovraffollate e tensione "a mille" (come dimostra il grave fatto accaduto a San Gimignano) a tutto discapito del lavoro dei poliziotti penitenziari».

Pubblicato il 11 settembre 2017

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