Giorno bho di quarantena

“Wake me up when Semptember ends” cantavano i Green day, io vi chiedo di svegliarmi quando questo incubo sarà finito, spero al più presto". Pubblichiamo volentieri le riflessioni di Chiara, della classe 3A Liceo Scienze Applicate dell'IIS Roncalli Sarrocchi, in merito all'emergenza coronavirus

 CHIARA STRAZZELLA
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Giorno Boh di quarantena ore 13.28. Non credo valga la pena distinguere fra loro questi giorni tutti uguali, dunque anche oggi è l’ennesima giornata Boh con i suoi momenti Boh. Esatto, momenti Boh, attimi di incosciente felicità alternati ripetutamente a pianti sconsolati fra i cuscini del divano dove sto sprofondando.

Ed ecco che poi arriva in punta di piedi il senso di colpa, accompagnato sottobraccio dalla sensazione di inutilità e disagio. Sono semplicemente dovuti a ciò che sto facendo: niente.

Ammetto che fino a qualche settimana fa non avevo una concezione così negativa riguardo la situazione che stiamo vivendo, ma adesso mi sento sconsolata, quasi presa in giro. Ma da chi? Di chi è la colpa? Credo che questi quesiti siano il motivo delle frequenti litigate con i miei genitori, sono loro i miei capri espiatori. Forse perché spero di sentirmi meglio dando un volto al colpevole di tutto ciò? o perché addossare la colpa agli altri è sempre più facile?  Purtroppo mi rendo conto sempre dopo qualche parola di troppo con loro che non funziona così, non è la soluzione. Dopotutto dover sopportare una ragazza di quasi 17 anni come me e i suoi sbalzi ormonali quotidiani non credo sia il massimo. Mi ero posta il mio obiettivo, il 3 aprile, non è bastato. Odio non riuscire in qualcosa, non raggiungere qualcosa, non raggiungere un obiettivo, non avere proprio un obiettivo, uno scopo. “Resisti un altro po’ e sarà tutto finito”. Presa in giro, una bambina bullizzata da qualcosa, dal tempo forse. Chiudo gli occhi e sono nella mia pista di atletica, sto correndo la mia gara ed ogni volta che raggiungo il traguardo, ecco che qualcuno me lo sposta sempre più lontano. Il mio obiettivo si allontana, la realtà di tutti i giorni si allontana, sempre di più, tanto da non sapere quando finalmente potrò raggiungerla, tagliare una volta per tutte il nastro del mio traguardo.

Sette scatole monotone, spente, omocrome e analoghe riempite di cose stupide delle quali potrei fare a meno. Ecco come rappresentare in modo fantasioso le mie giornate Boh (i sette contenitori) e  ciò che faccio in queste (le cose inutili al loro interno). Sì, perché è la fantasia che mi spinge ad andare avanti, pensieri forse infantili ma felici, almeno questi ci sono permessi. Ne ho abbastanza di cucinare torte, sperimentare nuove ricette, avere una fame inesistente perenne, provare felicità nel pulire casa ed aspirare con tanta ambizione all’evento settimanale: la gita tanto eccitante al supermercato per fare la spesa per nonna.

Ci farebbe solo bene fermarci un attimo e sfruttare queste giornate per riscoprire noi stessi. Dopotutto dovremmo ritenerci fortunati di essere ragazzi del 2020, le nuove tecnologie ci permettono di interagire con i nostri amici, parenti e insegnanti” Queste parole sono state scritte proprio da me in un piccolo testo inviato alla mia professoressa il 18 marzo, quando avevo il mio obiettivo, quando ancora avevo la costanza di contare i giorni, quando ancora avevo positività e speranza. Ma cosa stavo dicendo? E’ uno schifo, punto. Non è un’opportunità, tantomeno una grande occasione per noi. Esiste qualcosa di più fastidioso di mettere in stand-by la mia vita, la vita di un adolescente? Non ci resta che aspettare. Ma come si fa a chiedere a noi ragazzi di aspettare? Noi che abbiamo fretta e ansia di vivere questo mondo del quale ci sentiamo padroni… ansia, rabbia, paura. Credo non esistano emozioni pure, ogni volta proviamo miscugli eterogenei di emozioni e in questo periodo ancor di più. E’ difficile tenercele dentro, forse anche sbagliato.

Sorridere a caso, piangere singhiozzando, abbuffarsi di cose buone, allenarsi tanto da sfinire, essere inghiottiti dal divano per ore, ballare come se nessuno mi stesse guardando, solitudine in silenzio, musica a mille dentro alle orecchie tanto da farle poi pulsare, sfogarsi: questa è la mia soluzione. Fortunatamente il tempo passa, continua a trascorrere, anche se lentamente, non curandosi della qualità di questi suoi momenti nei quali la mia mente deve essere sempre occupata. Non dobbiamo fermarci a pensare, a me crea solo dolore. Non capisco perché ne sto scrivendo.

Mi sento in colpa perché non ho voglia di fare videochiamate con i miei amici, non lo so il motivo e al tempo stesso mi sento in colpa perché ho paura di starmi allontanando da loro. Videochiamarsi a quale scopo? “Ciao Chiara, quanto tempo, che hai fatto oggi?” Niente, il nulla, cose inutili, piccole e stupide. Forse perché non avrei niente da raccontare loro, niente pettegolezzi su qualcosa che è accaduto, semplicemente perché non è accaduto, è tutto fermo, la nostra realtà si è bloccata, come la nostra vita. Odio sentirmi così, immobile, statica, apatica.

Wake me up when Semptember ends” cantavano i Green day, io vi chiedo di svegliarmi quando questo incubo sarà finito, spero al più presto.

 

Chiara Strazzella

 

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Pubblicato il 11 aprile 2020

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