India ricca di contrasti, India avventurosa, India immensa. Roberto, dall'Andhra Pradesh, ci racconta la sua esperienza

India. Immensa e sudicia. Un Paese che sembra cadere a pezzi, mentre genti e animali si mischiano in un caleidoscopio di colori. Rumori ovunque, caos. Questa è la prima impressione del viaggiatore occidentale, abituato ad agi e comodità, alla fredda perfezione del suo mondo d'acciaio. Ma l'India è soprattutto vita e avventura

 ITALIANI ALL'ESTERO
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India. Immensa e sudicia. Un Paese che sembra cadere a pezzi, mentre genti e animali si mischiano in un caleidoscopio di colori. Rumori ovunque, caos. Questa è la prima impressione del viaggiatore occidentale, abituato ad agi e comodità, alla fredda perfezione del suo mondo d'acciaio. Ma deve attendere di andare a sbattere contro il cuore antico di questa regione. Magari prendendo una buca su un'auto lanciata a tutta velocità su strade senza regole, o fuggendo da un'orda di mendicanti troppo insistenti.

Il motivo per cui ho scelto l'India? Diciamo che il fato ci ha messo lo zampino. Personalmente è da una vita che sono attratto dall'Oriente, dai suoi mille volti, dalle sue filosofie e le sue arti. Arti Marziali, Yoga, Metafisica, quella fetta di spiritualità che nel nostro "evoluto" Occidente non ha più diritto ad esistere. Tutto ciò mi ha sempre affascinato e volevo scoprirlo, viverlo sulla mia pelle, magari proprio qui, nella culla di tutte queste discipline, dove grandi Avatar hanno solcato la Terra in passato, e come il "nostro" Cristo hanno lasciato semi in questo mondo, sperando che l'umanità evolvesse e si liberasse.

Ed ecco come il destino ha giocato la sua carta: il vecchio controrelatore della mia ragazza le manda su facebook il link della Green Farm Movement, con la possibilità di fare un tirocinio in India. Lei me lo mostra, e il dado è tratto! Mi trovo qui ormai dal primo di ottobre e resterò fino alla fine dell'anno.
 


L'India è un luogo di contrasti, dove candele e computer convivono sotto lo stesso tetto. Ma anche dove templi meravigliosi, dedicati a qualsiasi divinità, ricordano all'uomo di avere un'anima, qualcosa di più di una manciata di denaro e una clessidra in tasca. E sembrano dire fermati, rilassati, ascolta. In tutto questo rumore c'è un silenzio tangibile, che ci aiuta a riprendere contatto con noi stessi, a ritrovare la vita nel sorriso di una donna stanca per una giornata di duro lavoro, o in quello di un bambino che non sa cosa mangiare. E poi ci sono città, foreste, fiumi, dipinti propiziatori, statue di divinità nei luoghi più impensabili, vacche, cani randagi, e ancora mendicanti e grandi guru.

 

 


L'India è tutto questo ma soprattutto, per il viaggiatore occidentale, è vita e avventura. Le strade sono pericolosissime, senza segnaletica o regole di alcun tipo; dato che è una colonia inglese, il senso di marcia è inverso, ma il caos è tale che potresti anche stare sulla destra! In più i viaggi sono lunghissimi. Da 3 a 7 ore! Ed i mezzi sono camion, bus senza portiere e apini! Non sto a raccontare quanti incidenti abbiamo sfiorato... E attenzione alla testa! Vicino ai centri abitati ci sono gli "speedbreakers", dei primordiali dossi artificiali dove, se l'autista non rallenta, vieni sparato sul soffitto del veicolo! Per non parlare delle centinaia di vacche, bufali e capre che quotidianamente si spostano sulle strade.
Naturalmente qua non esistono i bidoni della spazzatura, quindi i lati della strada fungono sia da pattumiera a cielo aperto che da toilette. Poi ogni tanto qualche buon samaritano dà fuoco a tutto, con l'idea di "tenere pulito" l'ambiente!

 

 

 

 


Vivo sul tetto della scuola dove insegno e, vista la media delle abitazioni, non posso lamentarmi. Ho persino il bagno! Ovviamente l'acqua calda non esiste e quella fredda viene a giorni alterni come la corrente! Non ci sono finestre, o meglio, ci sono due buchi sul muro, con una zanzariera tutta squarciata a "coprirli", davvero utile per i miei coinquilini: insetti di ogni tipo, lucertole, topi e scoiattoli. E per fortuna serpenti e scorpioni (grandi come ciabatte) li uccidiamo al pian terreno!
Per quanto si senta dire delle mucche sacre eccetera, qui non hanno nessuna considerazione per la vita animale (tranne forse che per i pavoni, l'animale nazionale). Non sono "amici", neppure i cani. Giusto la settimana scorsa mi hanno chiesto di uccidere a bastonate uno dei cani della scuola, perché aveva contratto la rabbia e morso un bambino. Mi sono rifiutato, suggerendogli (urlandogli) di lasciarlo legato almeno per una notte. Sarebbe bastata una siringa di antirabbica, ma nessuno voleva rischiare un morso per un inutile cane. Fortuna che è scappato nottetempo...altrimenti non avremmo avuto alternative.

 

 

 

 


Altro problema: il cibo. La prima settimana credo di aver perso 5 kili! È tutto piccantissimo, e non hanno nessuno dei nostri ingredienti, tranne quintali di riso, a cui mischiamo il "curd", yogurt fatto in casa. Mangiamo tutto con le mani, dato che la tradizione vuole così.

Non è facile dare un'immagine chiara dell'India descrivendola a parole. Deve essere vista, vissuta. Gli spazi sono immensi, e le piantagioni di cotone, canna da zucchero, chilly e riso si estendono per chilometri. L'Andhra Pradesh è uno degli stati più poveri e immagini davvero crude si alternano a paesaggi incantevoli. Stai osservando un campo immerso nella nebbia del mattino, e l'istante successivo un mendicante mutilato ti assale per l'elemosina, oppure una carcassa putrefatta di un cane ti inonda le narici con il suo fetore.
E ancora, statue meravigliose a fianco di montagne di rifiuti maleodoranti. Tutti questi contrasti non fanno che rispecchiare la situazione attuale del Paese: ragazzi del college che non sanno cosa sia la seconda guerra mondiale; manifesti con attrici indiane con la pelle resa chiara da prodotti chimici illegali; giovani donne convinte che stupri e omicidi avvengano solo nei matrimoni per amore, e non in quelli combinati; computers di ultima generazione sotto a tetti di paglia e fango. E intanto l'Occidente impone un modello economico che porta i contadini a suicidarsi, gravati da debiti insostenibili con le multinazionali. All'inizio in classe non capivo quando, alla domanda "cosa fanno i vostri padri?", i bambini rispondevano "non lo so". Credevo che non riuscissero a dirlo in inglese. Soltanto successivamente ho scoperto che le madri dicono loro che il padre è fuori per lavoro, e tornerà nelle prossime vacanze, mentre in realtà si è ucciso, oppure è fuggito al nord per non tornare mai più. Il debito non è ereditabile, le donne non devono pagare.

 

 

 

 


Nella scuola dove mi trovo, provo ad insegnare inglese a prima, seconda e terza elementare e intanto imparo un po' di telegu, la lingua locale. I più piccoli proprio non mi capiscono! E io non capisco loro! Fortuna che canzoni e morra cinese sono universali!
Inoltre, da quando il preside mi ha visto allenarmi, ha fissato un'ora di Kung Fu giornaliera per tutta la scuola! Quindi adesso più di cento giovani indiani gridano i numeri da uno a dieci in inglese, italiano e cinese, tirando pugni grintosissimi! Un altro problema grosso che c'è nella scuola è l'abitudine di picchiare i bambini. È semplicemente la norma, come nelle nostre scuole cattoliche degli anni '50, e a me non va proprio giù... ma ci sto lavorando.

 

 

 

 


Il fattore che più scombina i nostri equilibri è il senso del tempo indiano: non esiste! Se noi occidentali vogliamo visitare un luogo, ci sbrighiamo ad arrivare e poi lo vediamo con calma...qui è l'esatto contrario! I viaggi sono lunghissimi e spesso nel tempio in questione ci rimbalziamo soltanto, perché sta facendo buio. Ma "don't worry, we can do it, we have time!", sempre la stessa cantilena spensierata!

Si vive alla giornata, senza preoccuparsi troppo. Ma con un po' di rupie, una bottiglia d'acqua e un rotolo di carta igienica nello zaino puoi essere l'uomo più ricco e felice dell'India!

Roberto Fagnani

 

 

 

 

 

 

 


Chiunque voglia contribuire e raccontare la sua storia può scrivere a redazione@valdelsa.net

Pubblicato il 11 novembre 2014

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