Irene Siragusa è venuta a trovarci in redazione: l'avventura a Taipei e... una candid camera

Irene ci raggiunge già in tenuta sportiva, pronta per l'allenamento che l'aspetta poco dopo il nostro incontro. Arriva con alle spalle un paio di giorni di relax, dopo il ritorno dalla competizione multisportiva riservata agli atleti iscritti agli Atenei di tutto il mondo, il riconoscimento pubblico con cui la città di Colle di Val d'Elsa ha voluto omaggiarla e un esame

 
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Ieri Irene Siragusa, l'atleta colligiana che ha letteralmente trionfato alle Universiadi di Taipei con un oro nei 200 e un argento nei 100 metri femminili, è venuta a trovarci in redazione. Quello che non sapeva è che, dopo aver risposto alle nostre domande, avrebbe dovuto competere con un ospite speciale a sorpresa in una nuova "difficilissima" sfida.

Ma partiamo dall'inizio. Irene ci raggiunge già in tenuta sportiva, pronta per l'allenamento che l'aspetta poco dopo il nostro incontro. Arriva con alle spalle un paio di giorni di relax, dopo il ritorno dalla competizione multisportiva riservata agli atleti iscritti agli Atenei di tutto il mondo, il riconoscimento pubblico con cui la città di Colle di Val d'Elsa ha voluto omaggiarla e un esame, perché non ama farsi mancare niente e si impegna per raggiungere gli obiettivi non solo in pista ma anche all'Università per Stranieri di Siena.

Si siede, pronta a rispondere alle nostre domande. Nei giorni scorsi, in vista del suo arrivo, avevamo pubblicato una sua foto sui social, invitando i nostri lettori a scriverci per email quello che avrebbero voluto chiederle.

Ovviamente vogliamo sapere di Taipei.

«Ci sono talmente tante cose da dire... raccontare un'Universiade e far arrivare agli altri quello che ho vissuto è complesso. Esperienza bellissima, sei fortunato se ti capita una volta nella vita. Non mi saprei immaginata di trovarmi in una manifestazione del genere. La possibilità dell'Universiade era già venuta fuori negli anni passati, ma col fatto che spesso capitava in contemporanea dei campionati Europei Under23, preferivano mandarmi a quelli e solo quest'anno, con l'assoluto, abbiamo deciso di prendere l'occasione al volo. L'obiettivo principale di quest'estate infatti era proprio Taipei. Poi, nel frattempo ci sono entrati anche i Mondiali (ben venga!), dove però vincere una medaglia o entrare nelle finali è quasi impossibile, almeno per l'atletica italiana in questo momento.

Giuro che non pensavo di riuscire a fare tanto. Soprattutto nei 100, reduce dall'esperienza di Londra, non avrei mai sperato di vincere addirittura la medaglia. Il nostro obiettivo all'inizio era rientrare nelle due finali. Poi nei 100 è venuto fuori un quarto turno, perché eravamo tantissime atlete... E' vero che sono 100 metri, ma quattro turni si fanno pesare, soprattutto per chi non è abituato. Ho pensato "Bah, tentiamola... poi al massimo i 200 se sto bene lo corro, se non sto bene non lo corro". Ho iniziato benissimo, mollando alla fine delle prime due gare, per non sprecare energie, visto che ero avanti».

E' incredibile sentirti raccontare tutti i ragionamenti che stanno dietro ad una gara, perché si tratta davvero di pochissimi secondi.

«Sì, è incredibile. Ora ti faccio ridere. Ieri l'altro all'allenamento facevo degli sprint con gli altri ragazzi e, nel tempo di una frazione di secondi ho avuto il tempo di pensare "Oddio, è partito prima di me, no aspetta non parto, sì ma dai parto". L'atletica ti aiuta a pensare in fretta, quello sì. Però, come dice sempre una mia amica, ogni azione pensata è lenta. Se pensi mentre corri sei finita. E infatti giuro che non mi ricordo minimamente le gare fatte a Taipei, solo gli ultimi cinque metri quando mi rendevo conto di essere all'arrivo.

Il giorno della semifinale mi stava venendo un crampo appena prima della gara. Con l'umidità all'80% lì capitava spessissimo. Non mangi quello che mangi a casa, non bevi l'acqua che bevi a casa... Il ragazzo dell'asta per esempio si è dovuto fermare per i crampi, avrebbe vinto l'oro. Anche io ho rischiato quando ho sentito il polpaccio che tirava. Non sarebbe successo nulla di trascendentale però poi per due giorni non avrei camminato bene e anche i 200 sarebbero stati un po' a rischio. In semifinale ho tirato molto il freno a mano, ma l'importante era andare in finale. E poi è andata benissimo».

Qual è il complimento più bello che ti è capitato di ricevere? E, se c'è stata, la critica più brutta?

«I complimenti fanno sempre piacere... Però ovviamente quelli delle persone che conosci, degli amici che da casa ti mandano le foto e ti dicono che si sono emozionati, hanno più valore di quelli di chi invece ti vede per la prima volta e guarda il risultato. Sono rimasta davvero contenta di vedere che tante persone di Taipei mi scrivevano "Bravissima", "Sei il mio idolo", mi taggavano nelle storie, ho avuto non so quante richieste d'amicizia da parte di taiwanesi. Per strada le persone mi fermavano e mi chiedevano di fare le foto, è stato proprio carino. Sono persone molto ospitali e disponibili.

Poi c'è anche l'altra faccia della medaglia. Qualcuno ha avuto da ridire sui Mondiali di Londra, perché pensavano fossero il mio obiettivo principale. Già esserci per me era un grande risultato, considerando che i tempi richiesti sono addirittura più bassi di quelli delle Olimpiadi. Ha influito moltissimo il clima, perché qua mi allenavo a 40°, mentre là ce n'era solo 12 e due giorni erano troppo pochi per abituarsi. Una cosa che non dicono, è che c'è stata un'epidemia nel nostro albergo. Non sappiamo com'è successo, ma immagina che per una settimana sono dovuta andare avanti a riso bianco e pollo che non sapeva di niente. Non è un caso che il ragazzo dei 400, dopo la gara, ha avuto la febbre a 38,5 per due giorni. Quindi le situazioni non erano esattamente il massimo».

Mi racconti qualcosa della tua allenatrice, Vanna Radi?

«Parte del merito è sicuramente suo. E' lei che mi ha preparato, è lei che sapeva quello che dovevo fare. La cosa buffa è che azzecca sempre i tempi. Per Londra per esempio aveva previsto che avrei fatto 22.94, poi è successo quel che è successo, ma l'ho quasi fatto a Taipei con 22.96.

Vanna mi segue dal 2010. All'inizio mi seguiva un altro allenatore. Quando poi sono passata alla categoria Allievi ho cominciato a farmi allenare da lei, anche se non volevo perché era dell'Upp, mentre io e tutti i miei amici facevamo parte della Polisportiva Olimpia. Alla fine mi sono convinta a provare e devo dire che inizialmente non sono mancate le discussioni. Lei è una molto tosta, mi faceva lavorare troppo ai primi allenamenti e quindi non ci volevo più tornare. Se vede qualcosa in una persona fa di tutto per spingerla a dare il meglio».

...Ed evidentemente aveva ragione. Un'ultima cosa: hai un porta fortuna o una specie di rito che fai prima della gara?

«In realtà no. Mi accorgo che quando sono tranquilla canticchio prima di una gara, in genere è quando riesco meglio. Ma non è una cosa che controllo, ecco. Mi capita di mettere i calzini blu se indosso le scarpe gialle, e quelli bianchi se ho le scarpe blu, ma neanche questa è una cosa che faccio come portafortuna. Ho una specie di tic alla partenza: mi aggiusto gli occhiali e mi stringo la coda tre volte, ma mi viene d'istinto».

Alla fine delle domande, chiedo a Irene se le va di fare un saluto ai nostri lettori. E invece...

Alessandra Angioletti
Musica: http://www.bensound.com

Pubblicato il 8 settembre 2017

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