Poggibonsi e i bachi da seta, già nel sec. XVI si ha notizia di gelsi piantati nelle nostre campagne

L’industria serica vede un notevole sviluppo nella prima metà dell’800, tanto che nel 1802 Poggibonsi chiede di poter istituire un mercato dei bozzoli

 FRANCO BURRESI
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Per far nascere il seme de’bachi” [le uova] - scrive il Lambruschini  in un suo trattato sulla bachicoltura - “sogliono comunemente  le contadine metterlo in una toppa ripiegata pei quattro capi e legata, che pongono da prima sotto la materassa o coltrice del letto e poi  la tengono in seno. Quando i bachi cominciano a nascere, li ragunano con ciocchette di tenera foglia, poi rilegano il cencio e lo rimettono in seno per far nascere il resto”.

Ciò è sbagliato, secondo il Lambruschini, perché non si può in tal modo assicurare ai bachi la regolare temperatura, per cui dà tutta un’altra serie diversa di raccomandazioni su come far schiudere le uova, su come rallevare i bachi, su come deve essere la stanza da adibirsi alla bachicoltura, sulla necessaria aerazione e via dicendo.

L’arte della seta fa la sua comparsa in Sicilia nel XIII secolo e da lì si propaga poi anche in Toscana, prima a Lucca, poi a Firenze, dove si svolgono le fasi finali della lavorazione. Ma la parte iniziale, ugualmente laboriosa e delicata, la coltura dei bachi, la produzione dei bozzoli e la trattura si svolge in gran parte nel contado, ed anche a Poggibonsi.

Già nel sec. XVI si ha notizia di gelsi piantati nelle nostre campagne e soprattutto nei terreni di pertinenza comunale. Tra le varie cariche comunali spicca addirittura quella del “custode dei gelsi”, tanto erano preziosi questi alberi, che servivano a dare la foglia, unico nutrimento dei bachi da seta. La coltura dei bachi, come si evince dalla cronaca di Domenico della Rocca riportata dall’Antichi, si faceva nel sec. XVII non solo in campagna, ma anche nelle case cittadine, dove, in una stanza apposita, si allestivano i graticci di canne per la coltivazione dei bachi e, quando questi avevano raggiunto il pieno sviluppo, si ergeva il cosiddetto “bosco”, fatto di ramoscelli di scopa sui quali i bachi si arrampicavano e iniziavano la loro produzione di filatura. Appena formati i bozzoli, questi venivano raccolti ed esposti alla  forte temperatura di una stufa per far morire le crisalidi e ricavare il bozzolo puro. Seguiva poi la fase della cosiddetta “trattura”. I bozzoli venivano immersi in caldaie di acqua bollente per far sciogliere la parte gommosa che li avvolgeva, quindi si procedeva con uno spazzolino a trovare il capo del filo, che veniva avvolto ad un aspo a formare il filo di seta. Ma più spesso da noi ci si fermava alla produzione dei bozzoli, che venivano poi venduti ad intermediari e poi, in seguito, al mercato.

Nel ‘600, durante la peste, il commissario alla salute pubblica Cini vieta in un primo tempo la trattura dei bozzoli, per motivi di igiene; poi, di fronte alle lagnanze della gente che trae da questa attività nel mese di giugno un sostanziale guadagno, è costretto a permetterla, a patto che si rispettino alcune norme igieniche fondamentali, quali il ricambio frequente di acqua e lo smaltimento di questa, poi, fuori città.

Di acqua ce ne voleva, tanto che nel 1721 molti cittadini si lamentano del fatto che manca l’acqua alla pubblica fonte perché i trattori di seta ne hanno fatto un uso sconsiderato, anziché rifornirsi direttamente al fiume. L’attività ha una notevole importanza, dal momento che il Comune, quando dà in affitto a privati i cosiddetti fossi, adiacenti le mura, inserisce tra le clausole del contratto l’obbligo per il conduttore di piantare un certo numero di gelsi (24 in un contratto del 1718 stipulato con Bastiano Naldi).

L’industria serica vede un notevole sviluppo nella prima metà dell’800, tanto che nel 1802 Poggibonsi chiede di poter istituire un mercato dei bozzoli. La richiesta è respinta dalle autorità francesi in quanto danneggerebbe il mercato di Colle, vicino e già esistente.

Nel 1812 esistono a Poggibonsi 4 tiratoi di seta; principali produttori sono Clemente Casini ed Angelo Pieraccini. Nel 1821, in occasione dell’inaugurazione del nuovo ponte sullo Staggia, il Ricasoli fa piantare sulla strada nella zona dell’attuale Cimamori, 110 piante adulte di gelso (o “moro”, come si chiama anche dalle nostre parti). E nell’aprile del 1825, finalmente, un decreto granducale istituisce anche nella nostra città il mercato dei bozzoli, per il quale viene destinata una piazzetta presso Porta Fiorentina; il mercato si svolge ogni martedì, giovedì e sabato dei mesi di maggio, giugno e luglio. Oltre ai bozzoli si vende anche la foglia del gelso, direttamente sulla pianta,  il cui prezzo varia a seconda della vitalità o mortalità dei bachi.

Il mercato dei bozzoli di Poggibonsi  va a fare parte delle 78 piazze italiane (dato relativo al 1868). Nel 1866 in 8 mercati vengono venduti 1050 Kg. di bozzoli, ad un prezzo medio di  lire 4,19 al Kg. Nel 1867 il prezzo sale notevolmente. Nel mercato del 19 maggio 1867 si registrano infatti le seguenti vendite di bozzoli:

qualità superiore   Kg. 145      al prezzo di 9        lire al Kg.

qualità comune     Kg.   80       al prezzo di 8.40  lire al Kg.

qualità inferiore    Kg.   56       al prezzo di 7.80  lire al Kg.

Una relazione del sindaco del 1868 ci informa che i bachi utilizzati sono quelli toscani della Val di Chiana, ma soprattutto di Radicondoli, che risultano essere i migliori. Lo stesso sindaco ci informa che quell' anno il mercato è andato abbastanza bene, anche se “il bozzolo non ha corrisposto alla quantità dei bigatti andati al bosco”.

L’attività di bachicoltura prosegue, pur se in misura sempre più ridotta, data la connotazione industriale che assume gradualmente la produzione della seta, anche  nei primi decenni del novecento. Testimonianza di questa antica e secolare attività sono tuttora le isolate piante di gelso che si possono rintracciare presso le vecchie case coloniche, alcune ormai ristrutturate a seconda casa di campagna o ad agriturismo.

V. anche Burresi-Minghi, vari testi.

Franco Burresi

Immagini: vecchio albero di gelso nel piazzale antistante il castello di Strozzavolpe; pubblicità dello Stabilimento Bacologico Senese dei primi anni del ‘900; frontespizio di una delle tante guide alla bachicoltura per gente di campagna.

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Pubblicato il 13 marzo 2021

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