Poggibonsi e i suoi fiumi: inondazioni e salvataggi miracolosi

Numerosi sono i casi di persone cadute nel fiume e messe in salvo grazie all’intervento eroico di qualcuno o, per i fedeli, all’intervento dal cielo di S. Lucchese o della Madonna di Romituzzo

 FRANCO BURRESI
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Poggibonsi ha sfruttato fin dai tempi più antichi la sua caratteristica di centro stradale. Le strade di un tempo erano però molto diverse dalle attuali, spesso soggette ad interruzioni dovute alle inondazioni dei fiumi, che rendevano inagibili i ponti, impraticabili i guadi, da ripristinare il selciato, invaso da frane e detriti.

Già nel 1364 si ha notizia che il ponte sullo Staggia fuori le mura deve essere ricostruito, tanto che da Firenze intervengono gli “officiales pontium et viarum”, i quali danno incarico a quattro poggibonsesi di organizzare il lavoro sotto la loro supervisione.

Nei primi anni del ‘600 è da rifare il ponte di Calcinaia sullo Staggia, in rovina a causa delle piene, per cui si devono costruire “palafitte, steccaie ed altri ripari”. Stessa cosa nel 1629 per il ponte alla Vista, per il quale si dispone una perizia da parte del capomastro Chiarugi. Tre anni dopo, nel 1632, è il ponte sull’Elsa presso il Molin Nuovo, ad essere in rovina a causa della “piena et inondazione delle acque”, con pregiudizio e “pericolo per le persone che passano da detto ponte, come delle bestie”. Sempre nel sec. XVII viene portato via letteralmente da una piena dell’Elsa il mulino di Pian de’ Campi, che non viene più ricostruito.

La situazione non cambia molto nel secolo successivo. Il torrente Carfini erode le ripe e cambia spesso anche corso a causa delle piene, tanto che i RR. Padri di S. Agostino (il cui convento aveva sede presso l’attuale S. Lorenzo), proprietari di un terreno sul torrente, fanno costruire una massicciata di sassi a difesa della proprietà. Ma un vicino che ha il terreno dall’altra parte del torrente la fa disfare e fa trasportare la pietraia dalla sua parte, temendo che l’acqua eroda la sua terra. Ne nasce una lunga lite che dà da fare per diverso tempo al Vicario di Certaldo, che a quei tempi era l’organo preposto a dirimere tali controversie.

Comincia a preoccupare già sui primi anni del sec. XVIII la situazione dell’Oratorio della Madonna del Piano, che viene ripetutamente danneggiato dalle piene dello Staggia. Nel 1726 si costruisce una nuova “cateratta” per contenere la forza delle acque, ma funziona poco, perché nel 1738 i danni all’Oratorio risultano ormai consistenti.

E’ il 1767 quando il granduca Pietro Leopoldo, in giro per la Toscana per rendersi conto della situazione dei propri sudditi, decide di passare per Poggibonsi. Dodici uomini lavorano una giornata intera per rendere più agevole il passaggio del torrente Staggia alle carrozze granducali.

Nel 1784 si decide ormai, vista l’inutilità delle opere messe in campo, l’abbandono dello storico Oratorio del Piano, iniziato a costruire già all’indomani della distruzione di Poggiobonizio del 1270 e oggetto di grande venerazione, oltre che di grande affluenza di pubblico e mercanti da tutti i dintorni, ed anche da più lontano, in occasione delle numerose fiere e feste religiose. La traslazione della sacra immagine della Madonna in S. Lorenzo, dove tuttora si trova, avviene con una solenne cerimonia, alla presenza del vescovo di Colle e di tutto il clero, e con una festa che vede anche il lancio di una macchina volante di carta, la quale, innalzatasi nel cielo, va poi a cadere in un bosco lontano dal paese 6 miglia.

Nonostante gli inviti di Pietro Leopoldo alle Comunità circa il buon mantenimento delle comunicazioni stradali, queste restano in molti casi precarie. Nel 1796, ad esempio, i parroci di S. Lucia a Bolsano e di Staggia si lamentano perché per poter assistere i propri popolani spesso non possono passare il torrente Staggia in quanto i guadi sono inaccessibili. I contadini, ugualmente, non possono andare a messa la domenica e molti vetturini e barrocciai perdono le loro some nell’attraversare i guadi con l’acqua alta.

Nel 1802 il ponte di Romituzzo viene quasi distrutto da una piena dello Staggia. Lo stesso torrente nel 1822 sommerge letteralmente la Magione e tutti i campi circostanti. Nel 1830 e nel 1833 gli abitanti di Staggia lamentano la mancanza di un ponte per recarsi a Lecchi, ma il Comune risponde che non ha soldi per costruirlo.

Il terreno lungo i fiumi viene spesso eroso dalle acque di questi ed è soggetto ad infiltrazioni e quindi  inaffidabile. Così, durante la costruzione della linea ferroviaria Empoli-Siena negli anni ’40 del sec. XIX avviene in un punto in cui lo Staggia descrive una larga curva, all’altezza della collina di Megognano, un’enorme frana, che costringe l’ing. Pianigiani, direttore dei lavori, ad un’immane opera di consolidamento del terreno, che comporta un notevole ritardo nella costruzione della ferrovia.

Da registrare nel 1867 la sventura di un povero anziano di Staggia, che in base alle nuove norme sull’igiene, deve togliere dal fondo di casa il monte del concime. Lo va a depositare sul bordo del torrente, ma una piena glielo porta via. Come scrive, si tratta dell’ “unico capitale” che ha, per cui supplica il Comune di un indennizzo.

Le inondazioni seguitano anche per tutto il sec. XX. L’8 gennaio 1920 l’Elsa straripa, inonda la ferrovia di Certaldo e i pompieri devono intervenire all’una di notte a trarre in salvo una famiglia presso una casa colonica invasa dalle acque del fiume, mentre lo Staggia divelle la passerella per Mocarello. Altra devastante alluvione si ha il 28 ottobre 1928: l’Elsa straripa, come pure i Foci. Le coltivazioni sono sommerse e distrutte, tanto che il podestà Bencini stanzia 6000 lire per risarcire in qualche modo gli agricoltori danneggiati. E piene devastanti si sono verificate ancora per tutto il secolo scorso, a cominciare da quella celebre del novembre 1966, fino ad alcune piene di fine secolo che hanno visto la chiesa della Magione più volte invasa dalle acque.

Numerosi sono i casi di persone cadute nel fiume e messe in salvo grazie all’intervento eroico di qualcuno o, per i fedeli, all’intervento dal cielo di S. Lucchese o della Madonna di Romituzzo.

Nel 1905 un bambino viene tratto in salvo nello Staggia; nel 1906 un soldato viene salvato nell’Elsa da un commilitone; due persone nel 1910 sono salvate da un bracciante accorso al loro richiamo. Nel 1928 il tredicenne Dino Cervelli salva la vita nella corrente dell’Elsa ad un ragazzo che sta per annegare. Nel 1929 è un anziano, Pasquale Gaggelli, di 64 anni, che riesce a tirar fuori per miracolo un bambino di quattro anni caduto nella gora del mulino, dove l’acqua è alta due metri e mezzo; il bimbo giocava sul bordo del fiume mentre la mamma lavava i panni. Nel 1934 il giovane Guido Renzi salva dalla corrente dell’Elsa il piccolo Nello Renzi lanciandosi nell’acqua “ con ammirevole ardimento e a rischio della propria vita”.

Il fiume, insomma, fonte di vita e di prosperità, ha rappresentato spesso, nello stesso tempo, un pericolo mortale.

Questo si deduce anche dall’osservazione dei vari ex-voto pittorici presenti nella sacrestia della chiesa di Romituzzo, nei quali il salvataggio dalle acque del fiume  è uno dei vari  elementi della casistica, come la caduta da cavallo, la guarigione da una malattia, la rottura di una scala e via dicendo.

V. anche Burresi-Minghi: “Poggibonsi dalla distruzione di Poggiobonizio al ‘700”  - “Poggibonsi al tempo di P.Leopoldo, Napoleone e Garibaldi” – “Poggibonsi tra ‘800 e ‘900” – “Poggibonsi dal primo ‘900 al fascismo".

Franco Burresi

Immagini: un ex-voto che rappresenta un salvataggio sul fiume operato dalla Madonna di Romituzzo; la chiesa della Magione invasa dalle acque dello Staggia durante una piena degli ultimi anni del secolo scorso.

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Pubblicato il 26 febbraio 2021

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