Poggibonsi e il teatro

I Poggibonsesi hanno da sempre avuto una vocazione ed una predilezione per il teatro: già nel 1539 una compagnia teatrale poggibonsese va a rappresentare infatti una commedia a Castelfiorentino in occasione della festa di S. Verdiana

 FRANCO BURRESI
  • Condividi questo articolo:
  • j

I Poggibonsesi hanno da sempre avuto una vocazione ed una predilezione per il teatro: già nel 1539 una compagnia teatrale poggibonsese va a rappresentare infatti una commedia a Castelfiorentino in occasione della festa di S. Verdiana, come si rileva da un articolo apparso sulla Miscellanea Storica della Valdelsa del 1900.

Nel ‘700 viene inizialmente adoperato come teatro uno stanzone di proprietà dell’Oratorio del Piano. Viene attuata una stretta sorveglianza sulle rappresentazioni teatrali. Spesso, osserva il granduca Pietro Leopoldo, “vi recitano o persone del paese, ed allora perdono molto tempo per prepararsi alle commedie e lasciano i loro interessi, o vi recitano comici di professione e la maggior parte gente senza costume e religione…” Si temono soprattutto le critiche rivolte alle autorità. Viene vietato così l’uso della “bautta”, una maschera che uno degli attori indossa per rendersi difficilmente riconoscibile, in modo da poter fare qualche battuta critica e irriverente anche nei confronti dei magistrati cittadini. Le rappresentazioni teatrali finiscono per essere consentite così solo in determinate occasioni, come ad esempio il carnevale. Nel 1763 si concede a Filippo Del Zanna di rappresentare in teatro la commedia “Il governatore di Malmantile”, ma il Podestà ordina allo stesso Del Zanna di fare in modo che non venga menzionata durante la recita la parola “podestà” e l’ingresso degli spettatori è rigidamente controllato. Nel 1769 le rappresentazioni vengono vietate del tutto.

Nel 1780 gli “Accademici della Nuova Accademia” di Poggibonsi chiedono al Comune un sussidio per costruire un nuovo teatro “che possa servire di lodevole occupazione alla gioventù e renderla più culta e civile”. Il Comune passa 50 scudi, da pagarsi però a costruzione ultimata e a patto che i Magistrati comunali, il Podestà e il Cancelliere abbiano l’ingresso gratuito e che sia affisso all’ingresso lo stemma del Comune. Il nuovo Teatro, detto “dei Costanti”, apre nell’anno 1782 con la recita del dramma “La Didone abbandonata” e la farsa “Lo smargiasso pauroso”, scritta dal maestro di scuola del Comune, nonché sacerdote, Liborio Muzzi e messa in musica dal rinomato maestro Brunetti, maestro di Cappella napoletano dimorante in Siena, che, ci racconta il cronista della Gazzetta Toscana, “per suo piacere volle assistere personalmente allo spettacolo”. “E tanto il brio della musica - continua il cronista - che lo spirito di detti Giovani [gli attori locali] soddisfecero il Pubblico e le culte persone accorsevi dai luoghi circonvicini”

Continua in ogni caso il puntuale controllo sui contenuti delle commedie e il comportamento degli attori da parte delle autorità. Nel 1796 si ottiene di tenere aperto il teatro in occasione dei giorni di carnevale, ma solo sotto stretta sorveglianza delle autorità preposte. Le commedie devono essere preventivamente vistate dal Podestà. Sono proibite quelle del commediografo Camillo Federici, non ritenute evidentemente conformi alla morale del tempo, ma viene permessa la rappresentazione di “Lacrime di una vedova” dello stesso Federici, opportunamente censurata. Nel 1799 la Compagnia dei Salimbeni, insieme ai dilettanti della Terra di Poggibonsi, chiede un sussidio per poter eseguire “tragiche e comiche rappresentazioni”, promettendo una panca riservata alle autorità.

Nel 1820 il piccolo teatro, posto nella via Maestra, viene però distrutto irreparabilmente da un incendio scoppiato in una casa attigua di proprietà di Giovanni Del Re e appigionata a un certo Livi, vetturino, che in un locale dello stabile ha raccolto un ammasso di fieno. Non esiste ancora il corpo dei pompieri, per cui accorrono un po’ tutti a portare dell’acqua, ma con scarsi risultati.

Sorge quindi l’idea di costruire un teatro nuovo, a modello di quelli esistenti nelle grandi città, davanti alla piazza del gioco del pallone. E’il nuovo teatro “Ravvivati-Costanti”. L’inizio degli scavi per le fondamenta avviene, come ci racconta il Casini, nel marzo 1821 e i lavori sono subito funestati, il 29 agosto, dalla morte di un operaio, Luigi Bernardini, che muore soffocato da una frana del terreno. Altri problemi sorgono per la cattiva realizzazione delle fondamenta dell’edificio, tanto che si deve chiamare un nuovo architetto per una perizia e cambiare mastro muratore. Alla fine però il risultato è eccellente e nel novembre 1829 Poggibonsi ha così il suo invidiabile teatro, che vivrà le sue belle stagioni fino al tragico bombardamento del 29 dicembre 1943.

L’inaugurazione avviene il 27 dicembre 1829 con la rappresentazione dell’opera “La regina d’Inghilterra” messa in scena dalla compagnia Fusarini. Qui sotto il resoconto giornalistico di tale evento, apparso sulla Gazzetta di Firenze del 5 gennaio 1830, che parla di un grande successo di pubblico e di spettacolo. Tutto merito, dice l’articolista, dell’architetto fiorentino Donato Grassi, dello scenografo sig. Luigi Facchinelli e delle opere pittoriche del prof. Giovanni Vanni della R.Accademia di Belle Arti di Siena e soprattutto degli attori: “La sera del 27 del cadente dicembre fu aperto per la prima volta con spettacoloso dramma il Teatro che una società sotto il titolo di Ravvivati Costanti ha fatto costruire in Poggibonsi. Il freddo era eccessivo, ma nonostante, il numeroso concorso superò ogni aspettativa e rese più lieta tal circostanza. Sembrava che tutti provassero il piacer più sincero al vedere che era pur giunta al suo termine una fabbrica che per la grandiosità del progetto e l’imponenza di tanti ostacoli fece temer bene spesso di opposto risultato. Questa prima e ben natural riflessione dava luogo intanto a più tranquille e piacevoli… Si ammirava infatti l’ottimo disegno dell’esimio architetto fiorentino sig. Donato Grassi, che si mostrò con tal opera ben degno allievo del non mai pianto abbastanza sig. Giuseppe Caciagli, uno dei più illustri dei nostri moderni architetti. Il sig. Luigi Facchinelli, Professore di prospettiva nell’Imperiale e Reale Accademia delle Belle Arti di Firenze, a nessuno secondo e sempre uguale a se stesso, sorprendeva gli spettatori col magico effetto dei da lui dipinti scenari. Il sig. Giovanni Vanni, Professore di Ornato nella I. e R. Accademia delle Belle Arti di Siena aveva dato non piccolo saggio della maestria del suo pennello decorando la Platea dei più eleganti chiaroscuri, nei quali spiccavano a gara l’esattezza del disegno e la squisitezza del gusto. Una brillante e ben intesa illuminazione dava maggior risalto a tali pregi ed alle eleganti logge. E frattanto la comica Compagnia Fusarini e la Società Filarmonica tentavano di superar se stesse onde meritare il pubblico compatimento del quale le assicurarono i ripetuti generali applausi”.

Nella seconda metà del sec. XIX l’attività del teatro è segnata anche da qualche episodio non edificante, dovuto all’abitudine di qualche capocomico di rivolgersi in maniera irriverente al pubblico o all’intemperanza di alcuni giovani inclini alle risse. Nel dicembre 1867 il Sindaco spedisce ad esempio una lettera al capo-comico di turno, nella quale lo prega di non rivolgersi direttamente agli spettatori, di usare termini decenti e soprattutto di non parlare di politica. Nella lettera si accenna a “disordini e inconvenienti” accaduti durante le recite. Il 10 gennaio 1868 il Delegato di Ispezione al teatro Egisto Brizzi riferisce al Sindaco che quella sera la rappresentazione “ha avuto l’uogo (sic) con l’ordine più perfetto”. Ma il 15 febbraio successivo si verificano nuovi disordini. Questo il rapporto del Delegato: “Verso le 11 alcuni giovani, dopo aver sforzato il palco n°43, si sono abbaruffati e picchiati per le corsie del 3° ordine facendo grande strepito e rumore e arrecando disturbo”. Il Delegato riferisce che non è stato “buono a prenderli in fragrante” (sic), ma che ne ha ricostruita l’identità, ed allega i nomi.

Il Teatro Ravvivati-Costanti, ristrutturato nel 1880, vive nei primi decenni del novecento una stagione intensa, che non si interrompe del tutto nemmeno durante gli anni di guerra. Molte, impossibile citarle qui tutte, le opere liriche e le rappresentazioni teatrali che vanno in scena, con grande successo di pubblico. È un teatro, si nota da parte di molti osservatori, degno delle grandi città. Anche gli attori, i musicisti, i cantanti che lo frequentano sono artisti di primo piano. Si ricordano tra i tenori Eugenio Battain, che cantò il Rigoletto “con grazia che conquide”, Paolo Francourt, Rinaldo Tinagli, Ezio Rastrelli, Italo Righi, Corrado Bernardi; tra i soprani Maria Leonardi, Maria Impallomeni, Ida Merighi, Amelia Fronzi; tra i musicisti i maestri Adolfo Alvisi, Giuseppe Graziani, Borlenghi, Cheleschi, Achille Corrado, G.Falorni, Pietro Moro, E. Calosi e il concittadino violinista Salvatore Guidi, che nell’Amico Fritz, andato in scena il 16 marzo 1920, esegue un assolo “tra un delirio di applausi”. E veramente in un delirio di applausi finiscono alcune rappresentazioni, con il pubblico che lancia fiori dai palchi e tributa doni agli artisti, i quali, richiamati dalle acclamazioni del pubblico sul palco, devono bissare più volte le loro esibizioni. A titolo di esempio un breve resoconto del 2 aprile 1909: “… Martedì fu serata d’onore dell’egregio tenore Rinaldo Tinagli e ieri sera della distinta signorina Maria Leonardi, soprano assoluto. In queste due serate il teatro è stato letteralmente stipato e malgrado la stagione contraria è stato considerevole il con-corso dai paesi limitrofi. Ai due valenti artisti che degnamente rappresentano i protagonisti della Cavalleria [Rusticana], furono fatte bissare per ben tre volte le romanze cantate nell’occasione ed il numeroso pubblico, entusiasta di quelle doti che ammira in loro, fece una interminabile, quanto commovente dimostrazione di simpatia, ed in mezzo alle più vive acclamazioni e ad una vera pioggia di fiori offrì ai seratanti molti e ricchi doni. Sabato prossimo penultima rappresentazione, beneficiata del sig. Ezio Rastrelli, tenore nei Pagliacci, e pure a lui saranno tributati tutti quegli elogi che giustamente merita”.

Al teatro di Poggibonsi vengono anche spettatori da fuori, da Firenze o Siena. Dopo la recita, una campanella avvisa gli stessi di recarsi alla stazione ferroviaria per la partenza dell’ultimo treno utile per il rientro.

Una notizia del 1914 ci informa che da diversi anni opera al Teatro anche una Scuola di Musica diretta dal prof. Baglioni, i cui allievi danno nello stesso 1914 un saggio delle loro capacità. Il Teatro è inoltre utilizzato in occasione delle mille feste, cerimonie e commemorazioni. Particolarmente sentite quelle in onore di Giuseppe Verdi del 1901 e del 1913.

Una nuova ristrutturazione del teatro ha luogo nel 1928. La storia del “Ravvivati-Costanti” ha quindi termine, come già detto, con il terribile bombardamento del 29 dicembre 1943. Il resto è storia recente.

(V. anche Burresi: “La croce e l’albero”; Burresi-Minghi: “Poggibonsi al tempo di P.Leopoldo, Napoleone e Garibaldi”; Burresi-Minghi: “Poggibonsi dal primo ‘900 al fascismo”).

Franco Burresi

Nelle immagini: l’esterno e l’interno del teatro Ravvivati-Costanti; gli articoli che riguardano l’apertura del Teatro dei Costanti del 1782 e del Ravvivati-Costanti del 1829.

Potrebbe interessarti anche: Mika al Politeama di Poggibonsi per lo spettacolo 'Mammamia'

Torna alla home page di Valdelsa.net per leggere altre notizie

Pubblicato il 16 maggio 2021

  • Condividi questo articolo:
  • j
Torna su