Rapina al caveau della Securpol di Pian dell’Olmino, fermato un secondo rapinatore

E' stato eseguito un secondo fermo per la rapina del 2 aprile 2016 al caveau della Securpol di Pian dell’Olmino a Colle di Val d'Elsa. I Carabinieri non hanno mai interrotto le indagini sulla rapina in questi mesi. Coordinati dal Procuratore Salvatore Vitello e dal Pubblico Ministero Aldo Natalini, hanno proseguito nello sviluppo di tutti gli indizi lasciati dal commando di rapinatori prima, durante e dopo il colpo

 
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E' stato eseguito un secondo fermo per la rapina del 2 aprile 2016 al caveau della Securpol di Pian dell’Olmino a Colle di Val d'Elsa. I Carabinieri non hanno mai interrotto le indagini sulla rapina in questi mesi. Coordinati dal Procuratore Salvatore Vitello e dal Pubblico Ministero Aldo Natalini, hanno proseguito nello sviluppo di tutti gli indizi lasciati dal commando di rapinatori prima, durante e dopo il colpo. Adesso di sono conclusi tutti gli accertamenti tecnici e le Forze dell'Ordine ci dicono fiduciose nel raccogliere i frutti del lavoro svolto.

La rapina
Nella notte del 2 aprile 2016 un manipolo di circa 18 malfattori, armati di pistole e kalashnikov, giunti a bordo di quattro autovetture rubate e al seguito di un escavatore proveniente dai campi limitrofi, circondavano il caveau. Un secondo gruppo di malviventi aveva pochi minuti prima abbattuto degli alberi per bloccare le sei possibili strade di accesso a quell’area, in maniera da impedire l’arrivo dei Carabinieri. 

Ripresi dalle telecamere di video sorveglianza dell’istituto assaltato, i rapinatori avevano osservato l’opera dell’escavatore che andava a sfondare il tetto dell’immobile, all’interno del quale si trovava la camera blindata dove venivano custoditi in quel momento dodici milioni di euro. Per un errore di valutazione il caveau veniva mancato sia pur di poco e non potevano essere rispettati i tempi previsti. Nel frattempo un operatore della Securpol, dagli uffici circondati dai malviventi, aveva lanciato l’allarme ai centralini delle forze dell’Ordine. 

Diverse auto dei Carabinieri avevano circondato il luogo del crimine e avevano scoperto i blocchi stradali imposti dai criminali. Ad un certo punto gli osservatori avevano lanciato l’allarme per l’arrivo dei militari e le telecamere di sorveglianza dell’obbiettivo avevano immortalato i rapinatori agitarsi all’ascolto delle loro radio ricetrasmittenti. Erano scappati tutti in rapida successione, un istante dopo essere riusciti a sfondare il tetto del caveau, portando dietro soltanto poche centinaia di euro in monete, raccolte negli uffici esterni alla camera blindata. La fuga dei malfattori era apparsa concitata, essi avevano lasciato le loro auto su uno sterrato a due km di distanza dal caveau e erano montati su due furgoni. Tutti gli automezzi verranno poi rinvenuti dai Carabinieri. In rapida successione, i fuggitivi avevano ingaggiato due conflitti a fuoco coi militari dell’Arma di due diverse pattuglie intervenute, in due vicine località, sparando in entrambi i casi ad altezza d’uomo. Solo per un fortunato caso non si erano dovute contare delle vittime. Per questi motivi la Procura di Siena contesta oltre alla rapina a mano armata, al porto di armi da guerra, anche il tentato omicidio. 

Le indagini
Da una nota i Carabinieri fanno sapere che è stato particolarmente attento e puntuale il repertamento di tracce, non solo biologiche, sugli automezzi rinvenuti. Non avendo potuto rispettare i tempi programmati per la fuga, a causa del tempestivo arrivo degli uomini dell’Arma, i rapinatori avevano dovuto lasciare molte tracce, che sono state pazientemente raccolte dagli uomini del Nucleo Investigativo di Siena, con le conseguenti analisi affidate al RIS di Roma e tuttora proseguono. 

Nel frattempo indagini parallele, svolte con metodiche tradizionali, avevano condotto gli investigatori su una pista pugliese, in particolare cerignolana, sulla scia di casi analoghi verificatosi in alcune località del territorio nazionale. Si sospetta naturalmente la presenza di basisti in Toscana, la cui identità è in corso di accertamento. 

La prova del DNA ha consentito di identificare dapprima uno degli autori in C.M., pregiudicato quarantenne di Cerignola. Nei suoi confronti era stato emesso e eseguito un primo decreto di fermo. Ora un secondo soggetto è finito in carcere: C.F., trentanovenne di Andria (FG), nei cui confronti il PM Natalini ha emesso un decreto di fermo. 

Ma i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Siena, sotto la direzione del Colonnello Giorgio Manca, Comandante Provinciale di Siena, dispongono oggi di molti elementi investigativi (tra cui codici genetici e impronte digitali) e confidano pertanto di individuare quanto prima ulteriori responsabili.

Pubblicato il 2 febbraio 2017

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