Revival o non revival: questo è il dilemma!

Anche "Boris", leggendaria serie italiana si trova davanti al bivio del revival. Ma siamo sicuri che questo termine sia sempre sinonimo di flop?

 LORENZO BIAGINI
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Se dovessimo trovarci in mezzo ad un gruppo di persone e iniziassimo a dire nomi come Renè, Stanis, Biascica, Arianna, Alessandro e Itala alcuni di voi resterebbero basiti, indagherebbero sulla nostra sanità mentale e non capirebbero a cosa ci stiamo riferendo, vedendo questa lista di nomi semplicemente, appunto, come tale. A molti altri (fortunatamente) invece brillerebbero gli occhi e tornerebbero in mente tutte le stravaganti vicende di “Boris”, una serie tv italiana andata in onda prima su Fox poi su Cielo dal 2007 al 2010, i cui nomi di alcuni dei protagonisti sono quelli che abbiamo citato sopra. Tutte e tre le stagioni (più il film uscito nel 2011) ruotano intorno agli episodi di un set molto particolare, che si trova a girare una serie televisiva di dubbia qualità, chiamata “Gli occhi del cuore”. Le vicende di Renè, regista e guida di questa scadente troupe, sono diventate un vero e proprio cult, ed ancora oggi “Boris” è considerata una delle migliori serie italiane, tanto che, a distanza di anni, in molti si ricordano citazioni, frasi e sketch dell’opera sceneggiata dal trio Ciarrapico,Torre e Vendruscolo.

Questa serie, chiusasi ormai un decennio fa, è tornata in auge in questi ultimi mesi, quando Netflix “così de botto, senza senso” (citando una battuta della prima stagione) ha deciso di reinserire “Boris” sulla sua piattaforma. Il successo è stato enorme e a lungo la serie è stata tra le più viste, battendo altri prodotti più nuovi e costosi. Da qui nasce la richiesta di una fetta della fanbase di una quarta serie, una sorta di revival che chiuda le vicende ancora lasciate aperte. Un’altra fetta dei fan, invece, si è scagliata contro questa richiesta, avendo paura di rimanere troppo delusi da un prodotto che potrebbe non avere le stesse qualità dei precedenti.

Fonte foto: Mymovies.it

Un“revival” altro non è che una ripresa, un ritorno a motivi del passato. La storia del cinema e della televisione, che è piena di revival dai format più disparati, ci insegna però che spesso questo termine è sinonimo di qualità scadente, di voglia di qualcosa di cui abbiamo un bel ricordo nel passato ma che trasportato al presente fa acqua da tutte le parti. Un esempio nostrano di ciò è la decisione della Rai, nel 2017, di acquistare i diritti di “Camera Cafè”, storico prodotto di Mediaset al fine di girare una sesta serie. Il risulato è stato a dir poco disastroso; le scene comiche del duo Luca e Paolo davanti alla macchinetta, svuotate del loro politicamente scorretto, hanno deluso tantissimo i numerosi fan che attendevano una nuova stagione da diversi anni e che sono rimasti così scottati da constatare che fosse meglio avere una stagione in meno ma degli ottimi ricordi di essa.

Ma un revival, come accennato sopra, può essere riguardare anche altri format, come ad esempio i quiz show. Per restare a casa nostra, un esempio di questi è “Sarabanda”, quiz musicale condotto per anni dall’eclettico Enrico Papi, tornato in tv a distanza di anni, che altro non è stato che una macchietta rispetto a quello conosciuto tra la fine dei ’90 e gli inizi del 2000

Occorre dunque pensare che le parole “revival” e “flop” vadano sempre a braccetto? Assolutamente no. Un esempio di revival che ha ottenuto un incredibile successo è stato “Una mamma per amica”, serie televisiva americana andata in onda dal 2000 al 2007 per poi essere ripresa nel 2016. L’ottava stagione, composta da pochi episodi, è piaciuta molto ai fan che hanno potuto così vedersi chiuse tutte le vicende lasciate in sospeso quasi dieci anni prima.

Un altro revival che ha avuto un enorme successo è stato quello della serie statunitense “Pappa e ciccia”, andata in onda dal 1988 al 1998 e tornata al successo grazie alla decima serie, che si può considerare come uno spin off, che ha tenuto milioni di persone incollate alla tv; e per rimanere in tema spin-off, non si può che parlare poi di “Better call Saul”, spin-off di “Breaking Bad” che secondo alcuni ha addirittura superato in qualità il prodotto “madre”.

Fonte foto: everyeye.it

Ma anche a casa nostra ci sono stati revival di qualità, a distanza di anni dalla fine della loro messa in onda; stiamo parlando, tra gli altri, di “Chi vuol essere milionario?”, format famoso in tutto il mondo che in Italia è legato a doppio filo al Gerry Scotti nazionale. Nonostante i cambiamenti della televisione, nonostante il format originale fosse impossibile da riproporre (come ad esempio l’aiuto della chiamata a casa, senza senso ormai nell’era di internet e delle risposte instantanee), lo show ha saputo ritagliarsi una fetta importante di pubblico tanto da essere confermato anche nella prossima stagione.

Possiamo dunque dire che i revival, gli spin-off e i remake non sono sempre scadenti e destinati inevitabilmente a fare flop di ascolti e delusione nel pubblico; se in questi progetti ci sono idee autoriali valide, contenuti di valore, attenzione ai dettagli e ricerca di ciò che ha fatto innamorare il pubblico del prodotto, sicuramente il risultato sarà ottimo, gli spettatori saranno felici e l’audience alto.

Tornando a Boris dunque, possiamo dire che non è giusto né schierarsi dalla parte di chi vuole a tutti i costi un ritorno della serie né dalla parte di chi non la vuole; è giusto goderci la qualità altissima delle tre stagioni, aspettare decisioni dei vertici di Netflix e, nel caso, sperare che una nuova serie non sia fatta, citando Renè, “a c**** de cane”!

Foto in copertina fonte: Rumors.it

Lorenzo Biagini

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Pubblicato il 3 agosto 2020

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