Staggia, anno 1303: nel castello si pianifica la cattura del papa Bonifacio VIII

Fu proprio nel castello di Staggia che il Nogaret e Musciatto pianificarono la cattura del papa. Fu deciso come assoldare congiurati e come corrompere il popolo

 FRANCO BURRESI
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Il “gran rifiuto” di Celestino V nel 1294 spianò la strada all’elezione al trono pontificio di Benedetto Caetani, il quale, esperto di diritto, aveva steso di propria mano l’atto formale dell’ abdicazione. Corrompendo con il denaro un certo numero di cardinali, il Caetani riuscì a farsi eleggere papa, prendendo il nome di Bonifacio VIII, ragione per cui fu annoverato da Dante poi tra i simoniaci. Bonifacio VIII si servì del trono papale principalmente per accrescere le ricchezze personali e della sua famiglia, a spese di quella rivale dei Colonna. Questi ultimi, con un memoriale stilato nel castello di Lunghezza nel 1297 con l’appoggio dei frati francescani “spirituali”, tra i quali Jacopone da Todi, giunsero a dichiarare decaduto il papa e non valida la sua elezione e ad invitare la popolazione alla disobbedienza. Jacopone lo definì addirittura il “novello anticristo”.

Tra le due famiglie si svolse una vera e propria guerra, fatta di ruberie, assalti a rocche e castelli, che si concluse con la vittoria dei Caetani, alleati degli Orsini e la disfatta dei Colonna, costretti a riparare in Francia sotto la protezione del re Filippo IV il Bello. Anche quest’ultimo stava entrando infatti in conflitto con il papa. Viste dissanguate le casse statali a causa delle guerre sostenute nel nord-Europa, Filippo pensò bene di tassare il clero francese, per fare un po’ cassa.

Ne sortì una disputa con Bonifacio VIII fatta di decreti reali e bolle papali sulla questione della riscossione delle tasse e della supremazia di autorità. I tempi però non erano più quelli di Canossa e Bonifacio VIII dovette cedere, riconoscendo il diritto del re a riscuotere le tasse dal clero “in caso di necessità”. Si giunse ad una pace provvisoria, nel 1297, che permise al papa, dopo la vittoria sui Colonna, di celebrare solennemente, nel 1300, l’anno santo. Terminato questo, tuttavia, esplose di nuovo la contesa con il re, in quanto Bonifacio VIII non voleva rinunciare all’idea di riunire nelle sue mani entrambe le “spade”, quella temporale e quella spirituale e a ribadire la sua superiore autorità rispetto a qualunque potere terreno. Perciò abolì tutte le concessioni fatte a Filippo il Bello. Il re non accettò tale voltafaccia e nel marzo 1303 convocò un Consiglio di stato, nel quale Guglielmo di Nogaret, cancelliere reale, sostenuto dai cardinali Colonna, rivolse al papa accuse infamanti di simonia ed eresia. Convocò quindi un concilio a Parigi, che avrebbe dovuto rappresentare un vero e proprio tribunale di accusa del papa. Bonifacio VIII reagì con una epistola in cui minacciava di scomunica il re, epistola mai arrivata a destinazione perché il re fece intercettare per strada il latore della stessa. Una nuova assemblea convocata dal re mosse a Bonifacio VIII, con l’appoggio del clero francese, le accuse di omicidio ai danni di Celestino V e perfino di sodomia. Il papa preparò a questo punto una nuova bolla di scomunica, ma era tardi ormai. Il re aveva spedito in Italia il Nogaret con lo scopo di organizzare la cattura del papa. Il castello di Staggia apparteneva in questo periodo alla potente famiglia dei Franzesi.

Uno di questi, Musciatto Franzesi, lo stesso rammentato da Boccaccio nella novella di ser Ciappelletto, era divenuto, con la sua spregiudicatezza mercantile, consigliere di fiducia del re di Francia, il quale gli aveva fatto addirittura dono di un frammento della sacra croce che la tradizione voleva essere appartenuta a Costantino ed essere passata con il tempo a Carlo Magno. Per inciso, Musciatto Franzesi aiutò Filippo il Bello a progettare un attacco anche contro i Cavalieri del Tempio, depositari di grandi ricchezze, le quali facevano gola al re, sempre alle prese con problemi di finanza.

Fu proprio nel castello di Staggia che il Nogaret e Musciatto pianificarono la cattura del papa. Fu deciso come assoldare congiurati, come corrompere il popolo anagnino affinché non intervenisse a difesa del papa, cosa fare del papa dopo la cattura. La mattina del 7 settembre 1303 la congiura ebbe così luogo, al grido di “Viva il re di Francia e i Colonna!” Pare che, al momento della cattura, Giacomo “Sciarra” Colonna abbia offeso ripetutamente e schiaffeggiato il papa Bonifacio VIII. Tre giorni dopo il popolo di Anagni, come noto, mosse a difesa del papa prigioniero, mise in fuga i congiurati e lo liberò. Bonifacio VIII tuttavia fu talmente colpito dall’episodio che perse di colpo tutta la sua sicurezza e la sua autorevolezza. Debilitato fisicamente e moralmente, divenne l’ombra del papa che era stato e avrebbe voluto essere e morì poco dopo, l’11 ottobre 1303.



Franco Burresi

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Pubblicato il 21 novembre 2021

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