Storia di Mattia, da Poggibonsi all'Olanda per lavorare in uno studio di architettura

«Mi mancano gli amici, la famiglia. Tutti i miei affetti sono qua. Mi mancano le mie colleghe. Ovviamente i problemi ci sono anche nei Paesi Bassi. Forse la cosa che mi piace di più dell’Olanda è questa: gli olandesi, non vorrei usare un luogo comune ma è vero, hanno una mentalità molto aperta. Sono avanti. Lo si può riscontrare anche nelle piccole cose, nel non salare mai la fila per esempio, che poi si riflettono nelle grandi»

 ITALIANI ALL'ESTERO
  • Condividi questo articolo:
  • j

Il ragazzo che vedete nell’immagine in alto si chiama Mattia, è di Poggibonsi, ha una laurea in Architettura, 28 anni compiuti da poco e, come molti altri giovani delle nostre parti, vive all’estero. Per essere precisi, da novembre si trova a 's-Hertogenbosch, una città dei Paesi Bassi che non ho tentato neanche di pronunciare davanti a lui, quando ci siamo incontrati durante le feste di Natale. Abbiamo fatto quattro chiacchiere e mi ha raccontato della sua esperienza, la prima per un lungo periodo, da valdelsano fuori dall’Italia.

«Non ho fatto l’Erasmus – dice -, ma dopo che mi sono laureato e ho iniziato a lavorare, è nata in me la curiosità di vedere e imparare qualcosa di nuovo. Ho avuto la fortuna di trovarmi in un ambiente lavorativo in cui tutti, il mio vecchio capo per primo, mi hanno sempre incoraggiato. E a un certo punto ho deciso che mi dovevo togliere un limite, quello della lingua inglese. Sono stato da un mio amico a Colchester per tre mesi. Studiavo e nel frattempo cercavo di guardarmi intorno. Per caso ho mandato un curriculum in Olanda e m’hanno preso».

L’inizio dell’avventura

«Ho fatto il colloquio su Skype. M’ero tutto preparato, con la camicia… e poi abbiamo soltanto parlato a voce, perché il video non funzionava. Kim, uno dei due titolari, si è dimostrato fin da subito molto amichevole e alla mano.

Sono salito una prima volta per cercare una casa. Non sono riuscito a incontrarmi con il ragazzo con cui avevo appuntamento, ma è stata la mia fortuna. Nel frattempo infatti mi è stato suggerito l’indirizzo di una signora, a cui evidentemente sono rimasto molto simpatico. Mi ha detto: “Capisco la tua situazione, io non ho bisogno di soldi. Anche io da giovane sono stata aiutata e sono felice di farlo con te se mi prometti che un domani farai lo stesso con qualcun altro”. E quindi spendo pochissimo, sto per conto mio… Credo sia stato in un certo senso un segno del destino.

All’inizio non è facile, è normale sentirsi un po’ più soli. Ho trovato un paio di squadre con cui cominciare a giocare a pallanuoto, questo mi ha aiutato. Devo dire che sono tutti parecchio socievoli, tutti parlano molto bene inglese.

Devo ringraziare essenzialmente il mio babbo. Per avermi trasmesso la passione per il disegno, per avermi insegnato a progettare e a costruire… Da piccolino, quando dovevamo realizzare qualcosa insieme, anche se era la più semplice di questo mondo, partivamo sempre dal foglio di carta. Ma devo ringraziarlo soprattutto per avermi regalato la capacità di essere curioso, che penso sia una delle cose più importanti».

Il confronto con l’Italia

La prima cosa che Mattia risponde, quando gli domando cosa gli manca più dell’Italia, è «il sole, voglio il sole! Le giornate in Olanda sono grigie. Se ti scordi il k-way è la fine. Poi, non si sa come mai, ma in qualunque direzione tu vada, ti trovi il vento sempre di fronte!».

Poi si fa serio: «Mi mancano gli amici, la famiglia. Tutti i miei affetti sono qua. Mi mancano le mie colleghe. Ovviamente i problemi ci sono anche nei Paesi Bassi. Forse però la cosa che mi piace di più dell’Olanda è questa: gli olandesi, non vorrei usare un luogo comune ma è vero, hanno una mentalità molto aperta. Mi piace poi questa cosa che gli abitanti del Nord Europa non sono come noi, ma nettamente più misurati. Mantengono il controllo persino quando litigano. Tanto che una volta ero in studio col mio capo, mentre stava facendo una telefonata importante. Quando ha riagganciato gli ho chiesto, così per parlare, “Com’è andata al telefono?”. E la risposta è stata: “Bene, l’ho appena mandato a quel paese”. Giuro di non aver sentito la differenza».

Alessandra Angioletti 

Chiunque voglia contribuire e raccontare la sua storia può scrivere a redazione@valdelsa.net

Pubblicato il 22 febbraio 2018

  • Condividi questo articolo:
  • j
Torna su